Al MoAn, eccellenze nel piatto e nel bicchiere

Si dice Treiso e il pensiero corre subito al Barbaresco e alle dolci colline delle Langhe. Oppure a Beppe Fenoglio, che lì ambientò più d’un suo romanzo e in particolare “Una questione privata”. Una delle più antiche cantine di Treiso è l’azienda vinicola Lodali, fondata nel 1939.


A Bellinzona, all’ombra di Castelgrande e appena dietro il palazzo del Governo, in via Orico, una nuova realtà dell’enogastronomia della Capitale, il ristorante MoAn aperto coraggiosamente in piena pandemia (o quasi…) ci ha permesso di incontrare Walter Lodali, titolare dell’azienda fondata da suo nonno Giovanni e dal papà Lorenzo, e di entrare in contatto con la sua filosofia.

Ma prima di parlare del vino, due parole sul MoAn, che è ristorante e al tempo stesso enoteca e winebar e si prefigge di diventare punto d’incontro tra il mangiar bene e il bere meglio, richiamando gli appassionati del vino e della gastronomia con una serie di appuntamenti che permetteranno di scoprire nuovi sapori, colori e profumi. Il concetto del MoAn, una trentina di coperti in sala, più giardino e locale enoteca con tavoli che consentono agli ospiti di sedersi comodamente e abbinare buon cibo e a vini eleganti e sorprendenti, si deve alla passione di Monica Jean-Richard Albertoni e Andrea Bianchi, coppia nella vita e grandi appassionati di enogastronomia. Per realizzare il loro sogno, Monica e Andrea hanno puntato su un giovane chef, Salvo Sanfilippo, un trentenne nato a Bergamo da genitori siciliani e da ormai alcuni anni attivo in Svizzera. Sanfilippo si è fatto le ossa presso il celebre ristorante pluristellato “Da Vittorio” gestito dai fratelli Cerea a Bergamo e poi come fanno molti giovani cuochi per imparare l’arte ha girato mezzo mondo. A Bellinzona il giovane chef vezzeggia i suoi ospiti mettendo in campo le sue tre anime (quella siciliana della terra d’origine, quella bergamasca nella quale è cresciuto e quella ticinese sua terra adottiva) e privilegiando una ricerca accurata di prodotti del territorio. Oddio, se dici pesce di mare c’è poco da ricercare in Ticino e dunque Salvo non si pone limiti, a parte quello relativo al livello di qualità della materia prima. I suoi piatti sono decisi, hanno un taglio netto, deliziano gli occhi e poi il palato. Tra le delizie assaggiate, senza voler far torto ad altri piatti, il risotto Carnaroli al “caciucco moderno” e limone ti porta il mare in bocca, col crudo di pesce abbinato al riso; superbo il vitello al giusto rosa (una riedizione del piemontesissimo vitello tonnato); sapido e ben equilibrato un ragù di coniglio abbinato a paccheri cotti a puntino. Insomma, avanti così.

I vini della cantina Lodali

Ma torniamo ai vini e alla cantina di Walter Lodali, 44 anni, diplomatosi alla Scuola enologica di Alba. Quest’uomo tutto d’un pezzo gestisce – col sostegno fondamentale di mamma Rita – le vigne che arredano le pendici delle stupende colline di proprietà della famiglia e si affacciano tra Treiso e Roddi. Viti di Nebbiolo, in primis, ma anche di Chardonnay, Barbera e Dolcetto.

“La vite e l’ambiente sono il motore di tutto: senza la massima attenzione ed il rispetto per le radici in particolare e poi anche per rami, foglie e grappoli non si può avere un’uva che contenga la magia del grande vino” racconta Lodali, aggiungendo: “In cantina abbiamo rinnovato tutto utilizzando le tecnologie più avanzate, ma soprattutto semplificando al massimo: il buon vino nasce dall’uva migliore, nella trasformazione bisogna poi solo essere delicati e precisi cercando di rispettare il più possibile le caratteristiche del territorio. Insomma: poco uomo e tanta natura”.

 

La sua azienda si è continuamente evoluta e recentemente ha sentito la necessità di rinnovare anche la propria immagine. Ne è nato un nuovo logo, nel segno della continuità, perché racconta Walter, “non potevamo buttare via 80 della nostra storia”. Fatta, aggiungiamo noi, di vini di qualità, e di tanto amore verso il papà Lorenzo, prematuramente scomparso quando Walter era un bambino, e al quale è stata dedicata una linea di vini eleganti e in grado di esprimere grande finezza, che si chiama “Lorens”, il nome del papà in dialetto locale. Per le etichette di questa linea, dice Walter, “non solo è stata ridisegnata la cornice di una vecchia etichetta di Barbaresco, ma per il nome è stata ricreata, dallo studio di un tema scolastico del 1950, la calligrafia di mio papà”.