Se già non lo è, è destinato a diventare un piccolo gioiello enogastronomico sospeso tra il lago e il cielo. Incastonato nel Relais Castello di Morcote, lo storico ristorante La Sorgente di Vico Morcote prende nuova vita, diventando di fatto un nuovo tassello della Tenuta Castello di Morcote, rinomata azienda vitivinicola famigliare, diretta da Gaby Gianini e dal marito Maurizio Merlo, che punta da anni sull’accoglienza autentica e su vini di qualità (biologici e biodinamici), tanto da essere ormai diventata una vera e propria destinazione nel panorama enogastronomico svizzero.

Gaby Gianini, Maurizio Merlo, lo chef Francesco Sangalli e il suo secondo, Mattia Bacchivini: un team che darà lustro al ristorante La Sorgente.

Il ristorante conta una ventina di coperti soltanto (vogliamo dirlo? Una premessa di qualità), suddivisi nelle due storiche sale o sul terrazzo con vista lago del Relais Castello di Morcote, edificio del XVII secolo, dove si può anche pernottare in una delle 12 camere, una diversa dall’altra.

Gaby e Maurizio per questa loro avventura hanno individuato un talento di sicuro avvenire, il giovane chef Francesco Sangalli che, come obiettivo, pone al primo posto la ricerca di prodotti di qualità del nostro territorio, scovati tra piccoli produttori locali, e impreziositi da tecniche di cottura molto accurate e mai banali, come la fiamma viva, il carbone e le affumicature (da provare il burro affumicato proveniente dall’alpe Vicania, una vera delicatezza). Il risultato finale si riscontro in un’alta cucina che rivolge un occhio al futuro, al sostenibile e verso le scelte più corrette per l’ambiente.

Due giovani chef ambiziosi scalpitano in cucina: Francesco Sangalli e Mattia Bacchiavini.

Le proposte della carta sono vivaci e inseguono la stagionalità, percorrendo i cambiamenti naturali e la disponibilità delle materie locali, dando valore alle realtà contadine ed al lavoro di persone autentiche. L’anima del ristorante La Sorgente, che prende il nome dalla fonte ubicata sulla sua incantevole terrazza panoramica, sono due ragazzi dal pedigree culinario di tutto rispetto: in primis lo chef Francesco Sangalli, nato a Brescia e cresciuto con la vocazione di cuoco nell’anima.

Spaghetto all’aglio nero, prezzemolo e missultin grigliato

 

Francesco inizia giovanissimo a muoversi tra pentole ed aromi, poi si diploma a 22 anni presso la prestigiosa Accademia di Cucina Italiana ALMA, come primo della classe. Dopo un’esperienza ai fornelli dello chef Gennaro Esposito, torna in Lombardia e cucina in diversi ristoranti stellati: al Piccolo Lago e da Cracco a Milano, poi in Ticino come sous chef al Concabella e infine come secondo chef al The View di Lugano, dove ha dato il suo contributo per l’ottenimento della prima stella Michelin del locale nel 2023.

Coniglio farcito servito con salsa alla spugnole e porro arrostito

Cucina genuina, con pochi fronzoli, lavorazione di prima mano degli ingredienti, anche perché la brigata è tutt’altro che esagerata: ad affiancare Sangalli c’è Mattia Bacchiavini nel ruolo di sous chef e pastry chef. Classe 1997, anche lui inizia presto, animato dalla sua grande passione per la cucina: si diploma all’Accademia ALMA e nel 2017 inizia il suo percorso approdando alla corte di chef Cracco, dove incontra Francesco Sangalli. Da quel momento la sua figura è per Mattia la principale fonte d’ispirazione. Lavora in diversi ristoranti stellati, finché arriva il grande salto quando viene chiamato dai fratelli Cerea, diventando chef pasticcere al Da Vittorio di Brusaporto (BG), 3 stelle Michelin. Oggi, il legame personale e professionale tra Mattia e Francesco si rinnova dando vita ad una cucina che si distingue per un’elaborazione di piatti che incantano vista, olfatto e palato. In sala accoglie i clienti il sorriso di Norman Summa, che grazie alla sua professionalità e alla sua cortesia è la premessa ideale perché questo giovane trio dia vita ad un ritrovo che saprà catturare l’attenzione di innumerevoli appassionati dell’arte enogastronomica.

Indirizzo
Portich da Sura 18, 6921 Vico Morcote, Svizzera
Telefono + 41 91 996 23 01
E-mail info@ristorantelasorgente.ch
Sito web www.ristorantelasorgente.ch

I vini ticinesi della nuova annata viaggiano in treno, un treno davvero speciale, il Prestige Continental Express, che a prima vista ricorda i tempi gloriosi d’inizio del secolo scorso.

Vini bianchi, rosati e alcuni spumanti che non abbisognano di una lunga maturazione sui lieviti ti sorprendono con loro freschezza, i sentori di frutta, il profumo floreale, un buon tenore di acidità e sono bell’e pronti per essere messi sul mercato e aggiungere un tocco di classe alla tavola del consumatore. Delizieranno i nostri aperitivi all’aperto, daranno tono alle nostre serate estive.

L’ha confermato una degustazione organizzata da Ticinowine, che in collaborazione con il partner storico Rapelli, in coincidenza con l’inizio della primavera ha coinvolto una quindicina di produttori di vino del nostro cantone e ha promosso un romantico viaggio in treno da Lugano a Giornico con ritorno a Locarno.

Il Prestige Continental Express si è proposto come un palcoscenico ideale, con le sue eleganti carrozze, denominate Le Salon Bleu, Le Rubis Noir e Le Diamant Bar, un tempo già in uso come vagone ristorante e che nel 1999 hanno ritrovato il servizio grazie ad una paziente opera di restyling ispirata al leggendario Orient Express. Oggi questo treno speciale si presta perfettamente per delle trasferte che permettono un servizio gastronomico di alto livello, addirittura accompagnato da un pianista che esegue musica dal vivo nel Diamant Bar.

La presentazione dei vini bianchi, rosati e degli spumanti organizzata da Ticinowine ha raccolto l’adesione di giornalisti del settore, operatori dell’enogastronomia e sommelier professionisti che si sono lasciati viziare nel corso di una giornata che da un lato ha avuto la capacità di evidenziare l’ottima qualità di una produzione non più secondaria rispetto a quella dei vini rossi, dall’altro quella di mettere direttamente in relazione i produttori con numerosi attori principali del mercato.

Il treno speciale, partito dal binario 3 della stazione ferroviaria di Lugano, attraverso la vecchia linea del Ceneri si è spinto sino a Giornico, dove i partecipanti hanno potuto continuare la degustazione accompagnando una deliziosa fondue di formaggio del Caseificio del Gottardo, servita presso lo splendido Museo di Leventina.

Una passeggiata attraverso i magnifici ponti in pietra che collegano alla terraferma l’unica isola abitata sul fiume Ticino prima del Verbano, ha riportato gli ospiti al treno speciale. Sulla via del ritorno ad ergersi protagonisti sono stati soprattutto gli spumanti, ottimi compagni di un assaggio della colomba pasquale. Bianchi, rosati e spumanti ticinesi hanno superato appieno l’esame, raccogliendo grandi consensi e offrendosi come una valida alternativa, o come complemento, alla bottiglia di vino rosso.
Oltre al direttore di Ticinowine Andrea Conconi e al presidente della stessa associazione Uberto Valsangiacomo, prima uscita ufficiale per la neonominata Maria Grazia Carbone, che dal prossimo autunno subentrerà a Conconi nella direzione di Ticinowine.

La neo direttrice di Ticinowine Maria Grazia Carbone con l’attuale direttore Andrea Conconi

Una delle ultime invenzioni di Angelo Delea, il vulcanico produttore di vini locarnese, si chiama Blank Angel e nel nome in fondo è già raccolto il segreto di questo vino… Sennonché, ammesso che Blank stia a significare “bianco” e Angel richiami il nome del suo “inventore”, il segreto sta nel fatto che il Blank Angel sia in realtà una novità mondiale, ossia un Merlot bianco, ma non il classico bianco ottenuto da bacca rossa, ossia dal vitigno Merlot tradizionale. Qui Delea si è superato, mettendo a punto dopo anni di ricerca un autentico Merlot bianco.

“Sì, siamo di fronte ad una grande novità – spiega Angelo Delea – perché questo vino è il risultato di una mia ricerca ostinata di proporre qualcosa di diverso con un Merlot. Ma quale Merlot? Quello vinificato in bianco lo facciamo tutti… Io ho scoperto che esisteva questo ceppo di uva bianca di Merlot in Francia e ho fatto svolgere delle ricerche dal mio fornitore di barbatelle e dopo anni l’abbiamo trovato. Nel 2017 è partito il lavoro, che consisteva nel rigenerare delle piantine con delle marze. Ne ho ricevute 50 che ho messo a dimora, poi altre 200: tutto il lavoro viene svolto in Francia e finalmente nel 2022 siamo riusciti a produrre un po’ di questo vino, un Merlot di bacca bianca particolarissimo”.

In sostanza, grazie alla collaborazione con questo fornitore francese di barbatelle, è stato possibile studiare e selezionare una varietà di viti completamente nuova per i vigneti di Delea, incrociando una “Folle Blanche” (vitigno tipico delle zone di produzione del Cognac e dell’Armagnac) col Merlot Noir, il che rende il Blank Angel un vino veramente unico.

“Non si tratta di un vino aromatico, non è un Sauvignon o uno Chardonnay – spiega Angelo Delea – ma delle sue caratteristiche peculiari molto interessanti, già per il fatto che è un vino unico. Credo infatti di essere il solo a produttore a coltivare questo vitigno. Ho voluto marcare con la kappa finale il nome di blanc proprio per l’unicità di questo vino, che viene affinato in barriques già usate perché non vogliamo dare un’impronta legnosa. Vogliamo infatti che questo vino abbia una maturazione lenta e un carattere particolare, con dei leggeri aromi di finocchietto, di legno morbido, un vino piacevole, da aperitivo e pesce di lago”.

Il vigneto che ospita questa varietà di Merlot bianco sorge a Quartino su un appezzamento collinare rivolto verso il Lago Maggiore e conta circa 4’000 ceppi.

Si tratta di un vino con una buona struttura e un’acidità importante, data sicuramente dalla Folle Blanche; ha un carattere fresco e sapido, con note di bergamotto e fiori bianchi all’olfatto. Un bianco complesso, che si abbina non solo al pesce, ma ad una grande varietà di piatti tra i quali anche antipasti e verdure.

“Castégna” e “Scaviscià”: il già ricco patrimonio vinicolo ticinese si arricchisce di due nuove etichette, prodotte da una sinergia maturata tra l’azienda Mondò di Sementina e la Castagnostyle di Sigirino. La partnership tra le due aziende è stata favorita dall’amicizia profonda che lega i due titolari, Giorgio Rossi dell’azienda Mondò (nella foto) che produce da anni grandi vini, e Stefano Jorio, che essendo ingegnere forestale si occupa invece di legname e particolarmente dell’albero più rappresentativo della nostra civiltà, il castagno.

Dal loro sodalizio prima o poi non poteva che nascere un vino particolare, legato in tutto e per tutto al nostro territorio. È risaputo che il vino migliore viene affinato in botti di legno, ma generalmente si parla di botti di rovere anche quando ci si riferisce a contenitori di origine locale. Qui invece le botti utilizzate per la maturazione del vino sono state prodotte con un ticinesissimo castagno.

Ecco allora il rosso “Castégna”, un Merlot in purezza in stile classico, invecchiato per un anno in barrique da 225 litri, e il bianco “Scaviscià” – esemplare espressione dialettale che riassume il gesto di estrarre la castagna dal riccio con un attrezzo di legno – prodotto con due vitigni interspecifici a bacca bianca, il Sauvignac e il Cabernet Blanc, assemblati e lasciati maturare per sei mesi in una botte grande da 500 litri.

L’affinamento in botti di castagno ha dato nobiltà ad entrambi i vini, ha messo in risalto le peculiarità classiche dei vitigni, ne ha moltiplicato i profumi e ingentilito gli aromi.

“Tutto nasce dall’amicizia che mi lega a Stefano fin dai tempi della scuola reclute – racconta Giorgio Rossi. Su fronti differenti, entrambi ci siamo trovati ad operare sul territorio ticinese creando prodotti legati alla natura. Forse non riflettiamo mai abbastanza sulla ricchezza del nostro territorio e sulle opportunità che ci offre. L’idea di creare qualcosa in comune frullava da un po’ nelle nostre teste, ma è stato necessario un po’ di tempo per arrivare alla meta: il sodalizio tra vino locale e botti prodotte col nostro legno di castagno in fondo era lo sbocco naturale al quale approdare dopo le nostre riflessioni, un modo per unire due mondi apparentemente distanti, ma uniti da radici comuni”.

L’elegante imballaggio e le due etichette dei vini sono stati messi a punto dopo un concorso di idee promosso dalle aziende produttrici, le quali per la commercializzazione hanno scelto non la classica bottiglia da 75 cl, bensì un formato più grande, una magnum da 1,5 litri che consente di ulteriormente valorizzare un prodotto di assoluta qualità.

“Abbiamo scelto questo formato perché al momento abbiamo optato per una piccola produzione, qualcosa di un po’ esclusivo, insomma, e infatti ogni bottiglia è numerata” commenta Giorgio Rossi, che ci tiene anche a sottolineare come l’utilizzazione di botti in castagno sia una sorta di recupero della tradizione.

“In passato quasi tutti i vini prodotti in Ticino erano infatti conservati fino all’imbottigliamento in barili di castagno, perché era il legno più accessibile e più affidabile. Noi in fondo non abbiamo inventato nulla, abbiamo solo ridato vita ad una vecchia consuetudine della quale non rivendichiamo nemmeno l’esclusiva, dato che qualche anno fa anche il collega Gianfranco Chiesa della Vini Rovio aveva fatto degli esperimenti in questo senso”.

Il concorso di idee per la definizione dell’imballaggio e delle etichette, indetto dai promotori la scorsa primavera, ha visto la partecipazione di una decina di interessati. Tra i lavori presentati, la giuria ha deciso di premiare la proposta elaborata da Massimo Prandi, caratterizzata da una grafica essenziale e lineare, rappresentativa della complessità del prodotto, della convergenza tra i materiali utilizzati, delle persone che hanno immaginato questa proposta, del loro lavoro e della loro amicizia. Etichette e imballaggio sono caratterizzati da una forte riduzione degli elementi grafici, ciò che è stato apprezzato particolarmente dalla giuria.

Quello della cantina Mondò e di Castagnostyle rappresenta una sorta di esperimento, il cui esito è stato accolto positivamente sia dai promotori, sia dalla clientela.

“Pensando alla qualità dei vini, possiamo parlare di sorpresa: mi aspettavo un prodotto un po’ rustico; invece, sono usciti un rosso e un bianco eleganti, che portano in dote una bella finezza. Il castagno, coi suoi tannini importanti, è riuscito a conferire al vino una bella freschezza. Il bianco poi è davvero speciale: abbiamo scelto delle varietà interspecifiche per produrre un vino sostenibile, ma questo genere di vitigni a volte ha delle note vegetali pronunciate che necessitano di una buona ossigenazione per essere contenute. In questo senso, il legno di castagno ha svolto un ottimo lavoro e infatti dopo questo primo esperimento pensiamo di riproporre in futuro gli stessi vini, magari con quantità maggiori” conclude Rossi.

 

MARSALA – Quando scende la sera, il sole caldo che tramonta sulla riserva naturale dello Stagnone manda riverberi dai colori pastello. Domina l’arancione, l’ambrato, l’atmosfera è calda, le onde del mare si muovono lente e cullano le barche dei pescatori, che galleggiano sullo sfondo delle bianche saline. Più in là un fenicottero spicca il volo, le pale dei mulini a vento roteano pigre.

Mentre sorseggio a dosi omeopatiche un bicchiere di Marsala, se chiudo gli occhi è questo paesaggio idilliaco che mi torna alla mente.

Tramonto sulla riserva naturale dello Stagnone: anche il regista Michelangelo Antonioni è rimasto ammaliato da questo paesaggio fiabesco.

Perché la riserva dello Stagnone è una delle porte d’ingresso della bellissima città siciliana che offre grandi momenti di barocco tra le sue strade e piazze, e dà il nome all’omonimo vino che quest’anno ha festeggiato i 250 anni dalla nascita. È alle spalle di questa riserva naturale che sorgono distese di vigneti di Grillo, Inzolia e Catarratto, dai quali si ricava l’uva necessaria a produrre un vino liquoroso che emoziona come un tramonto sullo Stagnone immortalato dal regista Michelangelo Antonioni.

In pieno centro a Marsala, Piazza della Repubblica

Diciamolo subito: il Marsala è un prodotto meraviglioso che però porta male i suoi anni ed è ormai più famoso per l’uso di cui se ne fa in cucina che non per i brividi caldi che induce quando lo si assaggia. Scaloppine al Marsala, pollo al Marsala, zabaione col Marsala… Una noia. Un torto reso ad un vino che nella sua storia ha avuto anche momenti di splendore, ma da qualche decennio fatica a riscuotere la considerazione che meriterebbe.

“L’occasione data dai festeggiamenti per i 250 anni del Marsala deve rappresentare un punto di svolta. L’anno scorso è stato ricostituito il Consorzio per la tutela di questo vino, noi produttori abbiamo capito e deciso che occorre lavorare insieme per rilanciarlo. Abbiamo due obiettivi, uno a livello di marketing per far conoscere ancora meglio, anche sul nostro territorio, come bere e abbinare il vino; l’altro è più tecnico: dobbiamo rivedere il disciplinare che è ormai obsoleto e troppo complicato, dato che prevede addirittura 29 tipi di Marsala” afferma Alexandra Curatolo Arini, discendente di una storica famiglia che produce Marsala, attiva in azienda come esperta di marketing e collaboratrice del Consorzio.

Alexandra Curatolo Arini

La storia del Marsala comincia nel 1773, quando il commerciante inglese John Woodhouse, in cerca di merci lungo le coste del Mediterraneo, con la sua nave finisce in mezzo ad una tempesta e cerca riparo nel porto della città che più tardi sarà resa famosa anche dallo sbarco dei Mille guidati da Garibaldi. Qui scopre il vino locale, chiamato Perpetuo, che gli piace tantissimo.

Woodhouse aveva lavorato in Portogallo e per ragioni professionali conosceva le abitudini degli inglesi e i mercati del Madeira, dello Sherry e del Porto. Non gli ci volle molto a capire che si trovava di fronte ad un autentico tesoro e così caricò la sua nave con trenta botti da 415 litri, nelle quali mischiò al Perpetuo dell’acquavite, esattamente come gli inglesi già facevano col Porto o lo Sherry. Per ingannare i connazionali, Woodhouse mandò il vino oltre la Manica con la denominazione Madera. Il successo fu immediato e talmente ampio, che le richieste andarono alle stelle: il Marsala inizialmente veniva venduto a Londra con la denominazione di “Sicily Madeira”. A fare le fortune di questo vino, commerciandolo in tutto il mondo, fu però una famiglia siciliana molto conosciuta, quella dei Florio, che nell’Ottocento fece sbarcare il Marsala in America, permettendogli di diventare l’ambasciatore del “made in Italy”.

“Per produrre il Marsala, che viene vinificato con uva a bacca bianca ma con la stessa tecnica utilizzata per la macerazione e la fermentazione dei vini rossi, la raccolta dei grappoli viene ritardata, ciò che consente di avere più zucchero negli acini e di conseguenza più tenore alcolico” spiega Alexandra Curatolo Arini.

Con uno spettro alcolico che varia da 15 a 22% vol., il Marsala è particolarmente versatile e si presta ad accompagnare bene differenti cibi.

“Ogni tipologia si caratterizza per una presenza più o meno importante di zucchero – spiega Alexandra. Se abbiamo un Marsala “secco” lo zucchero residuo sarà presente da 0 a 40 g per litro; nel caso del “semi-secco” siamo tra 40 e 100 g; col “dolce” superiamo infine i 100 grammi al litro. In qualsiasi caso, secondo il mio parere la temperatura di servizio deve essere sui 12 gradi”.

Il disciplinare prevede come detto tre tipologie “base”, alle quali si aggiungono due “riserve”. Il Marsala “Fine”, che possiamo considerare una sorta di vino d’entrata, invecchia un solo anno in botti di rovere o ciliegio. Nella sua versione dolce è protagonista nell’ambito della pasticceria.

La tipologia “Superiore” deve maturare per almeno due anni nella botte, è un vino che ha un bouquet più ampio rispetto al “fine” e può ottenere anche la denominazione “Riserva” se rimane nella botte per almeno quattro anni.

Infine, il Marsala “Vergine” rappresenta il top di gamma: deve invecchiare almeno 5 anni, minimo 10 per avvalersi della dicitura “Riserva”. Contrariamente alle altre due tipologie non subisce quella che viene definita la “concia”, ossia l’aggiunta di mosto cotto che serve a dare il colore ambrato, o della “mistella”, un mosto fresco con l’aggiunta di alcol per fortificare il vino. Potremmo ancora scrivere del metodo Soleras, utilizzato per produrre la tipologia “Vergine”, ma a questo punto siamo già presi da un capogiro e comprendiamo bene perché uno degli obiettivi del Consorzio sia semplificare il disciplinare.

Per quanto non sia facilissimo orientarsi tra le varie tipologie di questo vino, possiamo dire che un grande Marsala Vergine ha note di liquirizia, cannella, frutto caramellato, può essere mieloso, ma mai dolce e accompagna piatti importanti, anche di pesce. Per l’aperitivo preferite un Superiore secco, anche in versione “Riserva”, che con la sua struttura forte riuscirà ad esaltare anche i formaggi, soprattutto piccanti o erborinati. Per il dessert, specie con la pasticceria, un Superiore “dolce” andrà alla perfezione. Un consiglio finale? Assaggiate, gustate, scoprite. Non rimarrete delusi.

BERNA – Più di 560 rappresentanti della scena vitivinicola svizzera, politici, rappresentanti dei media e appassionati del mondo del vino si sono riuniti venerdì 6 ottobre 2023 al Kursaal di Berna, per celebrare la serata di gala del 16° Grand Prix du Vin Suisse, il più importante concorso enologico svizzero, organizzato congiuntamente dall’associazione VINEA e dalla rivista VINUM.

Quest’anno vi è stato un recordo di partecipazioni, con quasi 400 vini in più rispetto all’anno scorso, per un totale di 2.740 vini in concorso, suddivisi per diverse categorie.

Naturalmente una di queste categoria era quella dei Merlot e tra i sei migliori della Svizzera per il 2023 quattro erano ticinesi, con il Ronco 2020 prodotto dall’Azienda agraria cantonale di Mezzana vincitore assoluto. Non c’è stato però un podio tutto ticinese perché alle spalle del Ronco si sono classificati un Merlot vallesano, prodotto dalla cantina Kellerei Leukersonne di Susten (Merlot 2022 AOC Valais) e uno neocastellano (Merlot 2020 Vin de Pays Suisse) della cantina Grillette Domaine de Cressier a Cressier.

Abbiamo dato un’occhiata ai prezzi dei tre Merlot da podio: il Ronco costa 30.- franchi in cantina, l’AOC Valais classificatosi secondo  fr. 27.10 nello shop della cantina, quello neocastellano, che sul sito del produttore viene denominato Merlot Vernissage “Les Clous” è in vendita a 46.- franchi.

Nelle sei nomination del GP du Vin Suisse categoria Merlot figuravano anche tre altri ottimi vini prodotti in Ticino: il Quattromani 2021, una cooperazione Delea, Gialdi, Brivio e Tamborini; il Trentasei 2017, della Gialdi Vini SA di Mendrisio e il Merlot Riserva 2019, della Tenuta Vitivinicola Trapletti SA di Coldrerio.

Pure tra le nomination, ma non premiato, un vino prodotto dalla Fondazione Diamante Tre Valli di Biasca, che cura i vigneti, e dalla cantina Böscioro di Cugnasco (che effettua la vinificazione): in questo caso si parla di un Merlot vinificato in bianco, Insieme 2022, che ha avuto l’onore di accedere alla finale.

Evidentemente grande la soddisfazione di Nicola Caimi, enologo dell’Azienda agraria di Mezzana e “papà” del Ronco vincitore, e del direttore dell’Azienda Daniele Maffei.

“È un risultato che mi rallegra ma fondamentalmente non mi aspettavo, perché il 2o2o è stato un anno difficile. Mezzana è una scuola ed è molto importante ricevere un premio di questo genere, che gratifica sia gli sforzi che vengono fatti a livello di lavoro e di formazione, sia a livello di investimenti finanziari. Diciamo che valorizza un po’ tutto il nostro lavoro e conferma che lo facciamo bene”. afferma Nicola Caimi, che tra l’altro dirige i corsi di formazione di moltissimi vitivinificatori ticinesi, anche non professionisti.

“Il Ronco 2020 è un vino molto strutturato, profondo, carico. Abbiamo a che fare con una bella espressione del terreno argilloso, con degli spunti del Sud. È un vino che ha calore e rispecchia bene il nostro territorio” aggiunge Nicola.

La delegazione ticinese presente a Berna per la finale del GP du Vin Suisse

“Cerco di far passare la mia filosofia che vuole vini semplici, basilari. Questa nasce su una parcella dell’Azienda che contempla viti di più di 70 anni di età che trattiamo molto bene. La quantità del raccolo è limitata, le uve subiscono un leggero appassimento e la vinificazione avviene in modo del tutto tradizionale. Oggi in cantina non mancano macchine e prodotti di ogni tipo, ma noi cerchiamo di rispettare tempi e ritmi della natura. Quando si hanno buone uve e si trattano bene, non c’è bisogno d’altro per fare del buon vino” osserva da parte sua Daniele Maffei.

Tutti i risultati in dettaglio li trovate qui

 

Daniele Maffei, a sinistra, e Nicola Caimi dell’Azienda agraria cantonale di Mezzana

Sierre, città del sole e capitale del vino svizzero, ha ospita il Grand Prix du Vin Suisse (GPVS) 2023, nel corso dell’ultima settimana di luglio. La 17ma edizione dell’evento è stata un’occasione per mettere in mostra l’eccellenza del patrimonio vinicolo svizzero.

Il Grand Prix du Vin Suisse è molto più di un semplice concorso, è una vetrina per la competenza e la passione dei viticoltori svizzeri e offre anche opportunità per l’industria vinicola svizzera.
Dal 24 al 28 luglio, oltre 160 degustatori provenienti da tutta la Svizzera hanno assaggiato e valutato i 2.740 campioni proposti, che rappresentano la ricchezza e la diversità dei vini svizzeri. Le migliori annate dell’anno, in ciascuna delle 15 categorie giudicate, saranno premiate in occasione del “Gala del vino svizzero” che si terrà il 6 ottobre 2023 al Kursaal di Berna.
“Ogni degustatore porta il suo palato esperto e la sua profonda conoscenza delle sfumature che distinguono un buon vino da un grande vino. Il loro ruolo è cruciale, poiché valutano la ricchezza e la diversità dei vini svizzeri, assicurando che il GPVS metta davvero in luce il meglio della viticoltura nazionale”, spiega Fabienne Bruttin, direttrice dell’Associazione VINEA. Le degustazioni sono state supervisionate da Daniele Maffei, enologo ticinese e vicepresidente di VINEA.
Come ama dire il direttore di VINUM Nicolas Montemarano: “Il Grand Prix du Vin Suisse è riuscito a creare persone, volti e storie. E per capire l’anima di un vino, dobbiamo capire chi c’è dietro l’etichetta, la persona che ha creato il suo vino”.
I migliori vini saranno ora premiati in 15 categorie, Chardonnay e Syrah da quest’anno avranno una propria categoria e come sempre saranno assegnati dei premi speciali, come quello destinato alla “Cantina svizzera dell’anno”, la miglior vino bio, alla scoperta dell’anno e altri ancora. Novità del 2023, il premio destinato ad incoraggiare la prossima generazione di viticoltori, “Newcomer of the Year”.

I risultati saranno proclamati entro la metà di agosto quando sapremo quanti vini ticinesi accederanno alla finale, la premiazione avverrà durante una serata di gala a Berna il 6 ottobre, durante la quale tra i sei nominati saranno resi noti i migliori vini di ogni categoria.

Nell’autunno/inverno 2024 la famiglia IGNIV si allargherà: Andreas Caminada aprirà uno sharing restaurant nel nuovo quartiere di Andermatt Reuss. Grazie all’apertura di “IGNIV by Andreas Caminada”, Andermatt conquista un altro fiore all’occhiello e si trasforma in un hotspot gastronomico alpino d’eccellenza. Ad Andermatt Reuss, Andermatt Swiss Alps AG sta progettando la realizzazione di un distretto commerciale e gastronomico sulla Furkagasse, il cui completamento è previsto entro la fine del 2024.

Il principale gestore sarà il ristoratore e chef tristellato del Cantone dei Grigioni, Andreas Caminada, che porterà ad Andermatt il suo concept IGNIV, aggiungendo un altro fiore all’occhiello al già eccellente panorama culinario di Andermatt. “Andermatt sta diventando una destinazione davvero attraente per lo stile di vita alpino e per le esperienze straordinarie che offre. Siamo particolarmente lieti di contribuire a questo risultato con la nostra Fine Dining Sharing Experience, esperienza di alta cucina condivisa, aprendo un nuovo IGNIV”, rivela Andreas Caminada. Raphael Krucker, CEO di Andermatt Swiss Alps aggiunge: “Andreas Caminada è perfetto per Andermatt. Combina l’alta cucina innovativa con l’ospitalità. Esperienza e collettività rimangono per lui gli aspetti più importanti, così come lo sono per Andermatt Swiss Alps”.

Il nuovo “IGNIV” celebra un concept oramai collaudato. Il nome retoromanzo che significa “nido” è sinonimo di momenti di relax e benessere con la famiglia e con gli amici e indica un menù variegato che viene servito al centro tavola per essere condiviso. La cucina contemporanea trae spunto dalla filosofia culinaria di Andreas Caminada: ispirandosi all’universo dei sapori, gli chef di IGNIV creano piatti fantasiosi da condividere, tradizionali e cosmopoliti allo stesso tempo. Con circa 60 posti a sedere nell’area fine-dining e nel bar, il nuovo ristorante rimarrà aperto all’ora di cena sette giorni su sette durante l’alta stagione, mentre per il resto dell’anno cinque giorni alla settimana. Elemento fondamentale dell’esperienza IGNIV è l’ambiente interno, ricreato dalla designer d’interni Patricia Urquiola partendo dall’immagine del nido e conferendo a ogni ambiente gourmet il proprio tratto distintivo. Ad Andermatt, Patricia Urquiola per la prima volta non progetterà soltanto il ristorante, ma si occuperà anche dell’interior design di 17 appartamenti di lusso, dei quali tre appartamenti con soppalco da 3 locali più servizi e 14 appartamenti da 3 locali più servizi.

L’inizio dei lavori di costruzione del palazzo è previsto per il mese di agosto 2023. In quell’occasione sarà annunciato anche il nome del palazzo stesso. Ogni edificio di Andermatt Reuss ha una propria struttura architettonica e un design interno personalizzato.