Se c’è una Kia che mi affascina a livello del design, questa è sicuramente la EV6. Le sue forme sono moderne e scultoree, il tratto è stilisticamente semplice e pulito, la resa a livello di immagine efficace, con quel taglio sportivo che lascia immaginare grandi prestazioni.

Abbiamo avuto in dote il modello GT-Line per il nostro test: doppio motore elettrico posizionato su ciascun assale, trazione permanente sulle quattro ruote, grande batteria da 77,4 kWh e prestazioni di tutto rispetto. Attenti alla sigla però, che può trarre in inganno: Kia ha sfornato anche la EV6 GT, che è tutta un’altra musica con le sue prestazioni da supercar ed un prezzo nettamente superiore a quello della GT-Line, la quale si inserisce per contro nel segmento “base” della EV6, quello che prevede anche una configurazione con la batteria da 58 kWh e la possibilità di adottare soltanto un motore, che assicura la trazione posteriore.

La Kia EV6 GT-Line è un modello che si adatta a tutte le situazioni: comoda e versatile nella vita di tutti i giorni, parsimoniosa nei consumi, grazie ad un volume tutto sommato contenuto si muove agilmente nel tessuto cittadino, mentre al di fuori di esso è capace di sfoderare prestazioni di tutto rispetto, per merito di una coppia generosa (605 Nm) e della potenza complessiva dei due motori, che raggiunge i 325 CV. Guidandola in modalità Sport se ne trae il massimo a livello di prestazioni, con una spinta in accelerazione che regala emozioni e consente sorpassi in tutta tranquillità quando ve n’è bisogno.

EV6 si può ricaricare con sistemi da 800V e 400V, senza la necessità di componenti o adattatori aggiuntivi. È in grado di effettuare una ricarica ad alta velocità dal 10 all’80% della capacità della batteria in soli 18 minuti nonché di recuperare energia sufficiente a percorrere 100 km in meno di quattro minuti e mezzo.

Il sistema di ricarica di EV6 è più flessibile rispetto a quello dei veicoli elettrici delle generazioni precedenti grazie a un’unità evoluta di controllo della ricarica integrata (ICCU). L’ICCU abilita una nuova funzione, il Vehicle-to-Load (V2L), che consente il trasferimento dell’energia dalla batteria di EV6 ad un altro veicolo o dispositivo elettronico. La funzione V2L può fornire fino a 3,6kW di potenza ed è in grado, ad esempio, di far funzionare contemporaneamente un televisore da 55 pollici e un condizionatore d’aria per più di 24 ore. Il sistema è anche in grado di caricare un altro veicolo elettrico, laddove fosse necessario. L’auto elettrica diventa quindi una sorta di accumulatore di energia.

A proposito di energia e di batterie: i dati forniti dalla casa danno un’autonomia di poco inferiore ai 500 km per questo modello, tuttavia come quasi sempre accade, alla prova dei fatti il riscontro è stato di gran lunga inferiore e nel nostro test non siamo mai riusciti ad andare oltre i 350 chilometri.

A livello di abitacolo il produttore coreano merita solo applausi: la qualità dei materiali utilizzati è buona, la plancia elegante e curata, i tasti fisici per le varie regolazioni sono a portata di mano e facilmente utilizzabili, il sistema di infotainment high-tech include doppi schermi da 12 pollici ben leggibili.

Numerosi gli aiuti elettronici: di serie ci sono il monitoraggio dell’angolo cieco e il centraggio in corsia che, col cruise control adattativo con funzione stop & go, permette la guida semiautonoma di Livello 2 (il massimo consentito dalla legge). Tra i tanti aiuti anche la frenata automatica, pure in fase di retromarcia uscendo dai parcheggi.

 

Sulle strade della Provenza andiamo alla scoperta della prima Lexus concepita esclusivamente per essere mossa da un propulsore elettrico, la RZ450e (da non confondere con la prima Lexus totalmente elettrica, la UX300e, nata però da un progetto che contempla anche l’uso del propulsore termico). Il vantaggio di partire da una piattaforma ideata per la trazione elettrica si traduce in una libertà di progettazione che non ritroviamo quando si parla di auto adattata al sistema con le batterie.

La RZ 450e è un SUV coupé dotato di trazione integrale che nasce sulla stessa piattaforma della Toyota bZ4x e della Subaru Solterra, ma che coi suoi 313 cavalli è più potente rispetto alle sorellastre (218 CV). Nella carrozzeria ritroviamo la classica forma a clessidra che caratterizza le auto del marchio nipponico, l’abitacolo è in linea con le attese: parliamo di un’auto del segmento premium, dal prezzo non proprio alla portata di tutte le tasche, e ci si attende dunque interni curati e di classe, luminosi e ospitali, come in effetti si confermano quando si sale a bordo e si prende in mano il volante.

Ah ecco, il volante! Qui c’è del nuovo e dell’attraente. Al momento del lancio, l’RZ è dotato di un servosterzo elettrico a cremagliera tradizionale e presenta un volante a tre razze comune a tutte le vetture. Però dal 2025 questo sarà il primo modello a utilizzare (in opzione) il nuovo sistema di sterzo elettrico «steer-by-wire» One Motion Grip attualmente in fase di sviluppo avanzato e che noi abbiamo già potuto testare. Al posto del tradizionale collegamento meccanico tra volante e asse anteriore, attraverso il piantone dello sterzo, il sistema comunica gli input di sterzata del guidatore alle ruote in modo elettronico. Il risultato è una risposta immediata e un controllo dello sterzo più preciso, un vero spasso.

Con questo sistema, invece di far compiere quasi tre giri al volante per andare da tutto a destra a tutto a sinistra, ne basta meno di uno e dunque ecco apparire nell’abitacolo un cosiddetto volante a farfalla, tagliato sopra e sotto, una replica di quelli che vengono usati per esempio in Formula Uno. La guida con questo volante è semplice, pulita, precisa e divertente.

La capacità lorda della batteria è di 71,4 kWh, quella netta di 64 kWh. Yoichiro Kasai, vice capo ingegnere dei veicoli elettrificati di Lexus, ammette che “questa capacità non è effettivamente molto importante, ma riflette la nostra volontà di offrire il miglior equilibrio tra autonomia, efficienza, costi e dimensioni”. A sostegno della sua tesi, l’ingegnere afferma che la batteria da 71,4 kWh pesa già 500 kg. “Se avessimo utilizzato batterie da 90 kWh, l’auto sarebbe stata 100 kg più pesante. Questo avrebbe avuto un impatto significativo sul suo dinamismo”. Il SUV pesa poco più di due tonnellate e traducendo tutto questo in termini di autonomia, ecco che arriviamo a circa 400 chilometri, che in rapporto alla maggior parte dei prodotti offerti dalla concorrenza per questo prezzo sono un po’… tirati. Lexus promette però una grande tenuta delle sue batterie e i suoi dirigenti affermano che dopo dieci anni la capacità sarà ancora pari al 90%.

Nell’abitacolo della nuova RZ 450e troneggia un mega schermo tattile da 14 pollici, la consolle centrale è molto pratica, gli spazi per i passeggeri e il guidatore sono ampi e comodi. Le prime impressioni di guida sono eccellenti: i due propulsori elettrici che assicurano la trazione integrale non strappano mai, l’accelerazione è più che briosa, un sistema chiamato Direct4, distribuisce in maniera variabile la potenza fra avantreno e retrotreno analizzando l’evolversi della situazione di guida. Ne risulta una trazione ottimizzata e anche l’efficienza della guida ne beneficia. Buona l’insonorizzazione dell’abitacolo, al passo coi tempi una generosa offerta di aiuti alla guida. Tre gli allestimenti previsti in Svizzera, dove la RZ450e è già disponibile: Impression, Comfort e Exellence.

A zonzo per le strade di Copenaghen alla guida del nuovo VW ID.Buzz ci si sente al centro dell’attenzione.
La gente guarda sfrecciare il nuovo van di Volkswagen, l’erede del mitico Bulli, con grande curiosità ed ammirazione. Fermi al semaforo, si sente addosso lo sguardo dei passanti, alcuni dei quali indicano col dito al vicino il nuovo furgoncino messo a punto dalla casa tedesca. 
 

Nella città delle biciclette, molto sensibile ad una mobilità sostenibile, l’ID.Buzz mosso da un motore elettrico posto sull’asse posteriore non fa certo la figura dell’intruso e con il suo design sbarazzino cattura immediatamente la simpatia del pubblico e anche la nostra. 

Diciamo che sin dalla presentazione del suo prototipo, avvenuta qualche anno fa, ID.Buzz ha suscitato grandi aspettative, che ora la vettura prodotta in serie (già ordinabile e in arrivo alla fine dell’autunno), sia nella declinazione van, sia in quella cargo, riesce a soddisfare alla grande. I disegnatori di Volkswagen hanno davvero svolto un lavoro egregio: l’ID.Buzz è l’elogio della semplicità, l’esaltazione della purezza delle linee, esercita un forte potere attrattivo, è un prodotto contemporaneo che però ipoteca anche il futuro. In tutto e per tutto, è l’erede del mitico T1 prodotto nel 1950 e trasferisce nel mondo della mobilità elettrica tutte le qualità dell’antenato. 

Funzionale, eclettico, fuori compatto e dentro spazioso, ben rifinito: l’ID.Buzz ha tutto per sfondare perché è figlio del nostro tempo e si presta a molteplici usi. Come van è perfettamente adatto alla famiglia, al tempo libero, ma anche al lavoro. Come cargo offre spazi generosi e geniali. Dal punto di vista tecnico, detto che essendo un prodotto di ultima generazione ha tutto quello che deve servire in fatto di tecnologia e aiuti alla guida (piccolo dettaglio: può essere provvisto di assistenza al parcheggio con funzione di memorizzazione così da ritrovare da solo la posizione) parliamo di un veicolo che è stato sottoposto ad una cura meticolosa a livello di carrozzeria, tanto che ha un coefficiente di penetrazione aerodinamico dello 0,285.

Grazie ad un angolo di sterzata di 11,1 metri, l’ID.Buzz diventa docile e maneggevole anche quando si entra nell’ambiente urbano, mentre la posizione della batteria, integrata in profondità nel sottoscocca, abbassa il baricentro e riduce al minimo il rollio nonostante una carrozzeria piuttosto alta. A proposito di batteria: parliamo di una potenza di 77 kWh, che permette un’autonomia di circa 420 km (i dati divergono di poco, a dipendenza che si parli di van o di cargo). Ma il dato più importante, parlando di mobilità  elettrica, riguarda la capacità di ricarica, che in questo caso si attesta su una potenza di 170 kWcon cui è possibile portare il livello di carica dal 5 all’80% in 30 minuti. A livello di abitacolo l’ID.Buzz offre cinque posti comodi, mentre la strumentazione di bordo riprende tutti gli elementi della linea ID che troviamo anche sulla 3, la 4 e la 5.

 

 

La Ford Mustang Match-E GT rappresenta il top di gamma del marchio americano nell’ambito della sua offensiva per la motorizzazione elettrica e sforna numeri davvero impressionanti, anche se non saranno in grado di soddisfare gli appassionati che ancora rimpiangono quella ritengono essere la sola e autentica Mustang, ossia il modello iconico che montava il motore termico e richiama alla memoria gare in circuito e potenze stratosferiche.

Con la Mustang Match-E nella versione GT però, come detto, i dati sono da supercar: 487 cavalli e 860 Nm di coppia, che stando ai dati forniti dalla casa consentirebbero un’accelerazione da 0 a 100 km/h in meno di 3,7 secondi. Tempo per la verità messo in dubbio da chi ha potuto organizzare dei test su pista con la stessa vettura che abbiamo potuto guidare noi, i colleghi de “La Revue Automobile”, i quali sono arrivati a misurare 4,4 secondi. Da parte nostra, possiamo invece mettere in dubbio l’autonomia dichiarata dalla casa per questo modello, che monta un pacco batterie della capacità netta di 91 kWh, il quale dovrebbe permettere 490 km di autonomia. Nel nostro test, il computer di bordo a carica completa non è mai andato sopra i 300 km, ma per completezza di informazione riferiamo anche i dati misurati sempre dai colleghi de “La Revue Automobile” che hanno testato l’auto in primavera e non in inverno, con conseguente aumento dell’autonomia fino a 380 chilometri. Già che siamo in tema: la ricarica avviene fino ad una potenza massima di 150 kW, il che consente di passare dal 10 all’80% della capacità della batteria in soli 45 minuti.

Al di là dei numeri, la Mustang Match-E GT si caratterizza per le sue finiture esclusive (tra i quali la vistosa calandra con motivo a nido d’ape, cerchi in lega da 20 pollici, sedili sportivi, i dischi ventilati da 19 pollici dei freni anteriori con le pinze rosse firmate Brembo) e per un assetto ribassato rispetto agli altri modelli di 11 millimetri. Il telaio si adatta mille volte al secondo alle condizioni istantanee del terreno, assicurando alla Mustang Mach-E GT la massima stabilità sull’asfalto. Questa funzionalità adattiva si basa su sospensioni adattive MagneRide e ammortizzatori dotati di un fluido idraulico ricco di particelle metalliche, in grado di adeguarsi quasi in tempo reale al mutare del fondo stradale. Ne risulta un veicolo che praticamente in ogni condizione riesce a rimanere incollato all’asfalto e a garantire una grande stabilità che elimina beccheggio e rollio, affrontando le curve in maniera fluida e silenziosa.

Tra le quattro modalità di guida offerte dal sistema (che monta due motori elettrici), ve n’è una denominata Untamed Plus, appositamente concepita per i circuiti, che consente di sfruttare tutta la potenza del motore.

L’abitacolo è ampio e lussuoso, caratterizzato da un enorme schermo verticale posizionato centralmente tra conducente e passeggero: parliamo di un pannello verticale da 15,5 pollici attraverso cui interagire con il nuovo Sync 4, un sistema (ovviamente a sfioramento) ottimamente costruito ma che richiede un po’ di tempo per un utilizzo immediato e completo. Anche l’apertura delle porte avviene senza l’ausilio di maniglie poco estetiche: basta schiacciare un pulsantino e il gioco è fatto.

Il pacchetto degli assistenti alla guida è notevole: di serie viene offerto tutto ciò che permette di raggiungere un livello 2 di guida autonoma e dunque cruise control adattivo, sensori e telecamera posteriore, monitoraggio dell’angolo cieco, riconoscimento dei segnali stradali, frenata automatica d’emergenza, controllo elettronico della trazione e della stabilità e intelligent speed assist, che permette una regolazione automatica della velocità massima sulla base del rilevamento della segnaletica stradale da parte della telecamera.

La Volkswagen ID.4 è un’auto completamente elettrica che a New York si è vista attribuire il premio di “Auto dell’anno 2021” da una giuria composta da più di 90 giornalisti internazionali del settore automobilistico, provenienti da 24 paesi. 

Per il nostro test saliamo a bordo della versione 1ST Max Pro Performance, dal prezzo base non proprio alla portata di tutti i borsellini: con i vari optional l’auto che abbiamo guidato arriva a costare 64’507 franchi, ma accontentandosi della versione basic si parte da 50’800.- 

Prima constatazione: questa ID.4 non ha la trazione integrale, ma solo quella sulle ruote posteriori. Per la 4×4 occorre andare sul modello GTX col prezzo che sale ulteriormente. La ID.4 nasce sul pianale MEB destinato alle vetture elettriche del gruppo Volkswagen (la prima ad adottarlo è stata la ID.3, tra le… sorellastre indichiamo anche la Skoda Enyak). Il motore è posizionato fra le ruote posteriori e le batterie sotto il pavimento, il che consente di disporre di un abitacolo generoso in fatto di spazio. 

Non aspettatevi però un arredamento lussuoso: dentro trionfa il minimalismo, con un colpo d’occhio che francamente non ci ha entusiasmato. Il grado di parentela con l’ID.3 è evidente, ma qui lo spazio è maggiore. Le plastiche utilizzate nell’abitacolo non contribuiscono a generare una percezione di qualità. Anche la mancanza di retroilluminazione dei tasti per la regolazione della climatizzazione è un difetto; il loro funzionamento touch non è sempre preciso e contribuisce a distogliere l’attenzione dalla guida. 

Il punto forte di questa elettrica firmata VW è certamente rappresentato dal pacchetto tecnologico di cui è dotata. Uno degli optional a bordo della ID.4 è il futuristico display head-up con realtà aumentata che può proiettare sul parabrezza informazioni importanti, come le frecce delle indicazioni stradali durante la navigazione. Il conducente le vede ad una distanza apparente da tre a dieci metri su scala tridimensionale, perfettamente integrate nel mondo esterno reale. Se la regolazione della distanza ACC o il Travel Assist sono attivi, a partire da una determinata velocità il veicolo che precede la ID.4 viene contrassegnato con una scia luminosa sul display head-up, per mantenere la distanza necessaria. La ID.4 è un’auto completamente digitalizzata che può essere messa a giorno da remoto. Ormai lo standard è questo, con vantaggi e pericoli che ne derivano. Addio privacy, possibilità di “curiosare” tra i dati raccolti da parte di chi gestisce da lontano la nostra auto, esposizione ad attacchi di pirateria informatica e via dicendo. 

Buono l’equipaggiamento di serie, con cruise control adattativo, frenata automatica d’emergenza, mantenimento in corsia e riconoscimento della segnaletica stradale. La 1ST Max dispone anche della guida semiautonoma nel traffico e i suoi  ammortizzatori elettronici contribuiscono a migliorare la qualità della vita a bordo e l’insonorizzazione. 

La casa dichiara 500 km di autonomia, ma noi abbiamo effettuato il test in inverno, quando come noto il rendimento della batteria (da 77 kWh sulla ID.4) non è ottimale. Ci siamo però avvicinati ai 400 km, ma come non ci stancheremo mai di ripetere, stile di guida e condizioni ambientali contribuiscono poi ad una forte variazione dell’autonomia: provare a pigiare a fondo il pedale del gas per capire perché il livello di energia residua va giù come una lama di coltello infilata nel burro. 

Il motore è vivace, ma sulla ID.4 una guida sportiva è poco consigliata se non impossibile: in curva si percepisce un po’ di rollio. Le accelerazioni sono potenti come in tutte le auto elettriche, ma la spinta sembrerebbe qui un po’ più controllata e progressiva, tale da non incollarti al sedile. Peccato che non si possa regolare la frenata rigenerativa. In definitiva, questa VW è un’auto nata per essere guidata in maniera tranquilla e rilassante, anche grazie al buon comfort che riesce a garantire a bordo. 

È un’auto riservata ad una ristretta cerchia di previlegiati e a parere di chi scrive, pronto ad essere smentito da qualche possessore del modello, non proprio adatta per andare e tornare dal lavoro ogni giorno. Parlo della Porsche 911 Carrera GTS, che ho avuto la possibilità di provare col cambio automatico PDK a otto rapporti.


Anche se non si tratta della straripante 911 Turbo (580 CV e 750 Nm di coppia!), la 911 Carrera GTS è una belva pronta a scatenarsi non appena schiacci il pedale dell’acceleratore, con un motore selvaggio che ruggisce al primo affondo e mette in moto un sei cilindri fantastico e nemmeno troppo assetato, considerando il suo volume. Guidando senza inserire la modalità «sport plus», che è in grado di scatenare l’inferno, nei tragitti urbani il consumo di carburante è leggermente inferiore agli 11 litri per 100 chilometri e rispetta le indicazioni della casa. Peraltro, è giusto sottolineare che volendo, il tre litri della 911 GTS può anche fare il bravo e comportarsi in maniera docile, senza rombare come un forsennato e trovando la giusta maniera di adattarsi a ogni tipo di strada.


Il nuovo modello della Porsche 911 Carrera GTS è stato elaborato con l’obiettivo di accentuarne la sportività e la maneggevolezza. Ai tecnici della casa tedesca è riuscita l’impresa di aumentare la cavalleria rispetto alla generazione precedente (30 CV) anche grazie al risparmio di peso ottenuto alleggerendo la struttura del veicolo (che dopo la dieta ha perso 25 kg). Anche la ripresa ne ha guadagnato e ora per raggiungere i 100 km/h la 911 GTS impiega addirittura solo 3,3 secondi, tre decimi in meno della generazione precedente.
Questi dati avvalorano la tesi di chi pensa che questa sia soprattutto un’auto destinata a dare il meglio di sé quando non è imbrigliata dalle norme legislative della circolazione, ossia in circuito, dove può dar sfogo alla sua propensione che definiremmo quasi agonistica.

L’assetto, derivato dalla 911 Turbo e tarato per la 911 GTS, soddisfa i requisiti di elevate prestazioni: grazie al sistema di gestione delle sospensioni attivo Porsche (PASM) di serie, gli ammortizzatori reagiscono istantaneamente ai cambiamenti dinamici. Su
un’auto del genere, l’impianto frenante è fondamentale e gli ingegneri di Porsche hanno adattato la potenza di decelerazione alle prestazioni migliorate della 911 GTS, ciò che permette una guida sicura e un controllo perfetto del veicolo: la 911 Carrera GTS si affida al freno ad alte prestazioni della 911 Turbo.
Un telaio rigido al punto giusto supporta un motore potente e dalle prestazioni strabilianti mentre l’architettura di questa Porsche è arricchita da una struttura leggera e da un gruppo sospensioni-ammortizzatori di prim’ordine. Aggiungiamoci un cambio morbido e sinuoso, uno sterzo preciso come un compasso e avremo le condizioni perfette per una simbiosi ideale tra macchina e pilota, un’armonia che crea emozione, regala soddisfazione e permette di mangiarsi l’asfalto.