Il Friularo, gioiello della Bassa Padovana

Il conte Lorenzo Borletti è rientrato appositamente dal suo domicilio in Brasile per partecipare all’ultima vendemmia italiana: è quella tardiva dell’uva friularo, che può avvenire soltanto dopo l’11 novembre, giorno dedicato a san Martino, quando le prime brine si sono posate sulle foglie della vite. C’è aria di festa presso la storica tenuta del Dominio di Bagnoli, gran partecipazione di autorità e invitati di lusso. Siamo nella Bassa Padovana, nella sede del Consorzio Vin Friularo DOCG, una storica proprietà, oggi della famiglia Borletti, che un tempo apparteneva ai monaci benedettini. La tenuta è immensa (600 ettari, si producono vino, riso, grano, granoturco, soia, bietole e si allevano più di 1.500 bovini da ingrasso di razza pregiata), la vista si perde inseguendo scorci di paesaggio magnifici, già a partire dal giardino della villa che ha ospitato a metà del Settecento anche Carlo Goldoni, per il quale è stata addirittura costruita una sala adibita a teatro, e che qui scrisse “La bottega del caffè”. Il giardino è impreziosito dalla presenza di importanti sculture firmate da Antonio Bonazza, con statue raffiguranti i personaggi della “Commedia dell’Arte”. Il Conte vuole divertire i suoi ospiti: dentro il giardino, i personaggi raffigurati dalle sculture danno vita ad una rappresentazione teatrale che svela i retroscena della vita che si svolgeva nelle corti veneziane…

Siamo agli inizi di novembre, il conte Borletti è intento a vendemmiare l’uva friularo.

Il Dominio di Bagnoli è l’ultima tappa di un giro per la Bassa Padovana organizzato da GAL Patavino con il progetto “Dai Colli all’Adige, un territorio tutto da vivere”, sostenuto dalla Camera di Commercio di Padova. L’iniziativa abbraccia l’area della Bassa Padovana e dei Colli Euganei e coinvolge numerose aziende in prima linea nel proporre prodotti di alta qualità nel rispetto dell’ambiente e della tradizione. Qui si si sposano promozione e valorizzazione delle imprese legate al settore turistico e dell’accoglienza, patrimonio culturale materiale (borghi, castelli, chiese, abbazie…) e immateriale (tradizioni, saper fare, artigianalità).

L’immensa e splendida tenuta di Bagnoli

Il vino Friularo
Il vitigno omonimo che dà origine a questo vino era coltivato nella zona di Bagnoli già nel Medioevo dai monaci benedettini, che qui hanno bonificato ettari di terreno paludoso ed eretto un monastero dotato di grandi cantine. La proprietà fu acquistata da una nobile famiglia veneziana (i Widmann, di antiche origini austriache) nel 1656 e i nuovi proprietari costruirono sulle fondamenta dell’antica abbazia uno dei più grandi complessi monumentali del Veneto, adibendolo ad azienda agricola, ma anche a luogo ameno in cui, data la vicinanza con Venezia, trascorrevano le loro giornate artisti di vario genere e uomini d’affari, incantati dal vino Friularo, che nasce da uve vendemmiate tardivamente e fatte appassire prima di essere trasformate in un mosto di grande carattere e dal profumo intenso, che matura lentamente e richiama sentori di frutta rossa e di spezie.

I monaci hanno anche inventato una tecnica di coltivazione particolare: per allontanare i grappoli dal terreno molto umido, e dunque portatore di malattie, piantavano le viti ai piedi di alberi robusti, sui cui rami facevano arrampicare i tralci. Questa tecnica, oggi ancora in uso, viene definita “vigna maritata” perché prevede un legame indissolubile tra l’albero, che funge da tutore, e le viti.

Come accade a molti vitigni autoctoni, nei primi del Novecento anche il Friularo viene progressivamente sostituito da vitigni internazionali, ma a Bagnoli sorprendentemente questo non accade e negli anni ’90 grazie al lavoro dei conti Borletti viene fondato il Consorzio per la tutela dei vini DOC di Bagnoli, a cui fa seguito nel 2011 il riconoscimento della DOCG Friularo, che prevede non solo la raccolta tardiva dell’uva e l’appassimento, ma anche una lenta maturazione in botti di legno e barriques, che rende un po’ simile questo vino al più noto Amarone.

Tra le realtà che hanno contribuito a rendere noto il Friularo, anche la cantina sociale di Conselve (Conselve Vigneti e Cantine), a due passi da Bagnoli, un’immensa realtà produttrice di varie tipologie di vino, che deve all’intuizione di uno svizzero il successo nella commercializzazione del vino tipico della zona. Fu infatti un enologo della Coop, una trentina di anni fa, a individuare le potenzialità del Friularo durante una visita in loco e a consegnare alla cantina di Conselve – come ci conferma l’attuale presidente Roberto Lorin – alcune linee direttive per rendere il vino qualitativamente ineccepibile. Quella di Conselve è una realtà inimmaginabile ai nostri occhi, talmente è grande: lavora le uve di 1200 ettari di vigna (poco più di tutta la superficie vitata del Ticino) e ha un fatturato annuo di 30 milioni di euro. La cantina è in fase di rinnovamento: botti di acciaio altissime e capienti sono le torri di guardia dell’azienda, davvero enorme.

Il presidente della cantina di Conselve, Roberto Lorin

 

Un trionfo di oca e animali di bassa corte
A due passi dalla cantina di Conselve, che saprà stupirvi per la varietà della sua produzione, c’è un rifugio per buongustai che non bisogna lasciarsi sfuggire. Il pranzo o la cena alla “Trattoria in corte dal Capo” di Marina Ostellari è d’obbligo per assaggiare le prelibatezze cucinate da questa cuoca-proprietaria che porta in tavola i prodotti del territorio, cibo schietto, senza sofisticazioni, il trionfo dell’anima vera dell’osteria, anche se gli arredi sono curati e il servizio impeccabile.

L’elegante sala della “Trattoria in corte del capo”

Qui sono l’oca e gli animali di bassa corte in genere a deliziare il palato (la produzione di Michele Littamé è strepitosa e meritevole di un riconoscimento Sloow Food; nell’ultimo mese di vita delle oche, la sua azienda le alleva a latte, miele e farine di propria produzione!), ma anche la patata dolce (prodotta in grandi quantità in zona). L’oca è un prodotto tipico della cucina padovana: viene servita in mille modi, può essere un paté oppure un salame; cotta al forno è deliziosa, accompagnata da castagne, prugne e mele; l’”Oca in onto” fa parte della tradizione padovana e si conserva a lungo: un tempo non c’era il frigorifero e lo strutto, o il grasso dell’oca, era un ottimo conservante. Del resto, anche in Ticino la tradizione prevedeva la conservazione della carne del maiale non destinata agli insaccati nello strutto.

Dentro le mura, il prosciutto
Visitare la Bassa Padovana significa affrontare un’esperienza ricca di emozioni che si stagliano nette alla vista delle bellezze paesaggistiche di borghi e città murate come Este o Montagnana, oppure di fronte a piatti tipici che sanno parlare. Come quelli dell’Hostaria San Benedetto che si trova dentro le mura di Montagnana, considerato uno dei borghi più belli d’Italia. Montagnana è celebre per il suo prosciutto DOP e la presenza di un’eccellenza come il Prosciuttificio Attilio Fontana (ne parleremo prossimamente), ma all’Hostaria da Laura, Gianni (lo chef) e Federico mangiamo altro: stupendi gli gnocchi dolci con uvetta, cannella, grana padano e burro; delizioso il paté di fegatini di gallina padovana serviti con la zucca e gel di Merlot; cotto alla perfezione e gustosissimo lo stracotto d’asino al Cabernet dei Colli Euganei.

Nella splendida Montagnana, ospiti di Laura e Gianni

Tornando al prosciutto: a farne un’eccellenza, racconta Fontana, non solo la qualità delle cosce rigorosamente controllate a livello di produzione, ma soprattutto il clima e la temperatura di un territorio esposto ai venti che s’incrociano arrivando sia dal mare, sia dall’entroterra, e permettono di esaltare il sapore delicato e avvolgente di un prosciutto portato a maturazione essendo stato sottoposto unicamente a un’attenta salatura.

Attilio Fontana, titolare dell’omonimo prosciuttificio: dà vita ad un salume dolce, avvolgente, che matura unicamente grazie ai venti di Montagnana e con la sola aggiunta di sale

Dopo una visita al Consorzio Vini Merlara Doc e un assaggio di formaggi a km zero presso la Fattoria Crivellaro di Borgo Veneto, superiamo nuovamente delle vecchie mura, questa volta quelle della bella città di Este, per immergerci in una realtà enogastronomica particolare, voluta dall’esuberante ostessa Silvia Tolin, che ama i vini naturali e nel suo locale, “Ostaria Nova” propone piatti legati alla tradizione contadina reinventati da lei. L’osteria è piccola e semplice, vi si trovano materie prime di stagione fornite da produttori e agricoltori locali.
Silvia racconta le sue proposte con un linguaggio colorito, rappresenta lei stessa motivo di una visita al suo locale, che anche in fatto di vini si aggrappa alla produzione del territorio, con una predilezione per i piccoli vignaioli. Qui incontriamo il “Tagliere dai Colli all’Adige”, un bell’escamotage capace di mettere in relazione la filiera della produzione con quella della ristorazione. Ogni locale può avanzare una sua proposta: il denominatore comune della stessa devono essere le radici che l’offerta gastronomica affonda nel territorio, rispettando le origini e la stagionalità del prodotto.

Esuberante, innovativa, eppure sempre attenta a rispettare la tradizione: Silvia Tolin a Este è in grado di stupirvi con effetti speciali…