L‘ultimo goal Silvia Fuselli l’ha segnato nel vigneto

BOLGHERI – Coltivare la vigna è un po’ come affrontare un campionato di calcio: ogni anno si ricomincia, ogni stagione ha una propria storia. Silvia Fuselli (a destra nella foto, insieme alla sorella Stefania) sa bene come vanno entrambe le cose: 53 presenze nella nazionale di calcio azzurra, cinque scudetti vinti (quattro con la Torres, uno col Verona), l’ex-attaccante toscana oggi fa la vignaiola a Bolgheri e la sua cantina, “Le vigne di Silvia” è considerata una delle realtà emergenti di quella rinomata località che ha dato vita ai “super tuscan”.

“Da piccolina avevo due grandi sogni e li misi nero su bianco in un tema a scuola: diventare calciatrice e fare la contadina. Ecco, sono riuscita a trasformarli tutti e due in realtà”, racconta Silvia.

La sua è una famiglia di contadini: il nonno arriva a Bolgheri negli anni ’50 da Recanati e compra una tenuta agricola, il papà di Silvia continua il lavoro del genitore. A quei tempi la produzione di vino era legata unicamente alle necessità famigliari.

“Papà ha cercato di tenere lontano dai campi agricoli sia me sia mia sorella Stefania. Ha voluto che ci laureassimo. Io però sono sempre stata molto affascinata da quello che facevano i miei. Certo, stando accanto a loro conosci la fatica del mestiere, però anche il fatto che certi prodotti sono unici e certi sapori si sentono solamente in determinate condizioni. Quando si parla di agricoltura non ci si rende conto di quanto lavoro c’è dietro…
Il vino ha uno storytelling più affascinante, è molto più facile da raccontare, ma io dico sempre che si mangia e si vive anche di qualcos’altro; quindi bisognerebbe far capire l’importanza di una produzione come quella fatta per tanti anni dai miei genitori e dai miei nonni. Io dovunque andavo mi portavo dietro il nostro olio e i nostri prodotti, perché ci sono sapori che da altre parti non ritrovi”.

Mentre il vino prodotto a Bolgheri arrivava a toccare quotazioni vertiginose, papà Fuselli ha continuato a praticare l’orticoltura, diventando tra l’altro uno dei grandi produttori italiani di basilico.

“Babbo non ha mai voluto fare vino perché l’ha sempre visto come un mondo distante da lui, che è molto legato alla tradizione. Produrre vino presuppone adottare un approccio che va oltre al prodotto e abbraccia la commercializzazione e il marketing. Però i miei possiedono 15 ettari a Bolgheri e uno di questi si situava proprio tra i vigneti di due grandi produttori della zona. Così ad un certo punto babbo disse a me e mia sorella che se ce ne saremmo occupati noi, per dare continuità al paesaggio, avrebbe trasformato in vigneto quel terreno. Io ero a fine carriera nel calcio e ho recepito il messaggio come un segnale per il rientro a casa, tanto più che mia sorella studiava da ingegnere agronomo. Da quando nel 2014 abbiamo creato il primo impianto, oggi siamo arrivati a sei ettari di vigna, ma il mio sogno è di mantenere la doppia dimensione, dunque continuare anche la coltivazione di ortaggi”.

Il racconto della viticoltrice si accavalla con quello della calciatrice.

“Ho avuto una bella carriera, facevo l’attaccante e sono contenta di questa esperienza di vita che mi ha portato in giro per l’Italia e per il mondo, permettendomi di conoscere un sacco di persone e di giocare ad alti livelli. Credo che la mia generazione abbia contribuito in maniera importante al miglioramento della condizione delle calciatrici in Italia, che oggi godono sicuramente di maggior considerazione e visibilità”.

Torniamo al vino, alle vigne di Silvia…

“Siamo fra le aziende più giovani di Bolgheri, quelle che si stanno sviluppando nella zona pianeggiante. Qui la viticoltura sta prendendo sempre più piede e ormai è diventata quasi dominante: tra i pochi terreni che non sono coltivati a vigna ci sono quelli di mio babbo e pochi altri agricoltori rimasti. La qualità, va detto, è molto alta, anche se siamo una denominazione tutto sommato giovane e me ne rendo conto quanto vado in giro a conoscere altre realtà, nelle quali si fa il vino da molto più tempo. Qui per la verità tutto riesce abbastanza facile, viviamo in una zona bellissima e molto fortunata dal punto di vista climatico, perché nel giro di 15 chilometri si passa dalla collina alla pianura e al mare. Le colline ci proteggono dai venti invernali, il mare ci regala tanta luminosità e un clima temperato, così la vite ha trovato un ambiente veramente fortunato. Se Bolgheri aveva di suo tanta potenzialità, grandi aziende hanno poi contribuito a tracciare una strada importante: nomi come Ornellaia, Sassicaia, Antinori hanno indicato la via che anche i piccoli produttori possono sfruttare dal punto di vista commerciale, ognuno però col proprio approccio. Perché la cosa bella di Bolgheri è che ci sono tanti produttori, tante idee differenti che si ritrovano anche nella diversità dei vini, pur mantenendo un’identità territoriale e direi anche produttiva”.

Oggi tutti parlano di qualità, tutti dicono che il vino nasce nella vigna e non cantina, il mercato ricerca il biologico. Cosa significa fare bene il vino?

“Principalmente rispettare il territorio. Il mercato richiede vini biologici? Okay, noi siamo certificati bio, però dico anche che non è il bio a fare il bene del territorio, è proprio l’approccio con la lavorazione. Ci sono tanti modi per rispettare il territorio e sicuramente uno è di non utilizzare pesticidi o sostanze che distruggono tutto l’ecosistema. Questo dovrebbe essere un approccio filosofico condiviso, non semplicemente una certificazione per poter appiccicare alla bottiglia un bollino a scopo commerciale. Vorrei che si facesse strada un’etica che partisse dal principio che questo mondo noi lo abitiamo e se lo distruggiamo alla fine non ci sarà più nulla né da mangiare né da bere”.

Resta il fatto che in cantina alla fine qualcuno deve decidere che carattere dare al vino…

“Con l’enologo noi facciamo delle degustazioni periodiche nelle quali si decide un po’ la strada da percorrere. Quello che sin dall’inizio mia sorella ed io abbiamo condiviso con l’enologo, era il principio di produrre vini un pochino più moderni, metto il termine tra virgolette, nel senso che Bolgheri è famosa nel mondo per vini nei quali i sentori della barrique sono sempre stati molto dominanti. Oggi lo stile di Bolgheri sta cambiando e noi abbiamo subito iniziato dando ai nostri vini uno stile forse un po’ più scarico, più orientato alla freschezza e all’eleganza. La materia prima è importantissima quando si va in cantina e poi c’è la scelta delle barriques con tostature medie, periodi di affinamento bilanciati, l’utilizzo di altri materiali come le anfore, di tini più grandi. Cerchiamo di non sopraffare durante l’affinamento quello che è il prodotto iniziale, quindi i sentori dell’uva, ma far sì che questi favoriscano l’evoluzione del vino in maniera più naturale possibile. E poi vogliamo avere vini figli dell’annata, perché il commercio ti porta molto a standardizzare, si cerca sempre di avere lo stesso prodotto, ma nel nostro caso, essendo una piccola azienda, possiamo permetterci di dar voce all’andamento stagionale. Dalla prima vendemmia nel 2017 ad oggi non abbiamo avuto un vino identico all’altro”.

Il vino del cuore di Silvia?

“Il Cabernet Franc, perché è un vitigno che può dare vini molto eleganti ed è molto difficile da vinificare in purezza. È un vino complesso, che ti dà da pensare”.

I vini di Silvia: Giochessa e Cabernet

L’azienda produce tre etichette: un bianco di Vermentino, denominato “Giochessa”. Intenso, profumato, con note fruttate e sentori si salvia e timo, questo vino dal gusto persistente ha un nome molto particolare. Giochessa è un termine utilizzato per descrivere una beffa o uno scherzo, ma in Toscana viene usato anche per identificare un dribbling o una finta particolarmente estrosa che permette di eludere gli avversari sui campi da calcio.

“Artemio” è un rosso assemblato con Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, un vino di grande complessità, fruttato, dolce. Infine “Itinerante”, Cabernet Franc in purezza, il “coup de coer” di Silvia, vino fruttato con sentori di spezie, nel quale si avvertono tannini setosi, delicati, un vino di una grande armonia ed eleganza.