Ne avevamo sentito parlare talmente bene, che non vedevamo l’ora di prendere il volante della Volvo EX30 per portarcela in giro per alcuni giorni.

Così saliamo a bordo del modello Ultra Twin Motor Performance – due motori, ognuno per ogni asse della vettura a generare la trazione integrale – e immediatamente capiamo perché quest’auto è stata pluripremiata a livello mondiale.

Piccola digressione: la EX30 è fornita in diverse configurazioni. Tre varianti di motorizzazione e due varianti a livello di batteria.

Si può avere una batteria LFP che utilizza la chimica del litio ferro fosfato ed è più efficiente dal punto di vista dei costi e meno dispendiosa in termini di risorse necessarie per la sua produzione, ma ha un’autonomia ridotta; oppure una batteria NMC composta da litio, nichel, manganese e cobalto che genera energia in modo più efficiente rispetto alla variante LFP. Questa opzione a motore singolo e autonomia estesa garantisce un’autonomia fino a 480 km tra una carica e l’altra, mentre col doppio motore come è accaduto per il nostro test, le prestazioni migliorano e l’autonomia promessa arriva sino a 450 km.

E l’autonomia effettiva? Sappiamo che sovente c’è parecchia differenza tra gli annunci delle case produttrici e la realtà. Le misurazioni avvengono in laboratorio, sulla strada le cose possono andare differentemente. Nel caso della Volvo EX30 lo scostamento è stato però minimo: 430 km di autonomia effettiva!

La versione a doppio motore è una scheggia: raggiunge i 100 km/h in soli 3,6 secondi, un tempo da supercar. E la ricarica della batteria fino all’80% del suo potenziale avviene in meno di mezzora, grazie alla capacità di rifornirsi alla colonnina fino a 153 kW di potenza.

Baricentro basso, peso relativamente contenuto e ben distribuito, permettono alla EX30 di essere estremamente maneggevole, agile e leggera. Guidarla è un vero divertimento, l’impressione è che l’auto sia sempre incollata alla strada e sia capace di tutto, di accompagnarvi dolcemente nel viaggio, ma anche di diventare “aggressiva” quando è necessario ed il conducente lo richiede.

L’abitacolo è piuttosto minimalista e forse, visto che l’auto non è per nulla regalata, ci stava qualche cura maggiore nei dettagli e l’uso di materiali di maggior qualità. Diciamolo subito: qui è tutto high-tech, mancano completamente i comandi fisici, tutto viene regolato da uno schermo centrale che sembra ispirato dalla Tesla. Persino il cassettino portaoggetti (minimal) si apre toccando lo schermo, esattamente come la configurazione degli specchietti laterale, che non è proprio semplicissima. Davanti al conducente non c’è il classico cruscotto e un’altra mancanza riguarda l’head-up che forse sarebbe necessario. L’auto propone la guida one-pedal, ma si ha come l’impressione che sia una sorta di incompiuta e spesso è necessario utilizzare i freni.

In compenso, gli aiuti alla guida sono numerosi e Volvo punta al massimo sulla sicurezza con tanti accorgimenti raffinati. I radar che segnalano la distanza dagli ostacoli in fase di parcheggio non si limitano al segnale acustico o visibile con la telecamera, ti indicano persino a quanti centimetri ti trovi dall’ostacolo stesso.

Lo spazio per chi siede davanti è nella norma, i sedili sono regolabili elettricamente, dietro per contro si sta un po’ strettini e il bagagliaio non ha una grande capienza.

 

 

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Lo rivela un test condotto dal TCS sugli autosili delle otto maggiori città svizzere, alle quali non appartiene nessuna ticinese

 

Chi lascia l’ auto elettrica in un autosilo vorrebbe approfittare della sosta per effettuare la ricarica, ma non tutte le strutture sono attrezzate in modo adeguato. Il TCS ha condotto un test approfondito di 40 autosili nelle

otto più importanti città svizzere, tra le quali non figura nessuna ticinese (Lugano è al nono posto per popolazione, Bellinzona all’11.mo). Un peccato non aver esteso almeno alle dieci città principali il test, che in questo caso avrebbe potuto includere almeno Lugano. A occhio, comunque, difficilmente il Ticino sarebbe uscito bene da questo esame…

Tra i criteri di valutazione sono stati inclusi il numero di posti di ricarica rispetto agli altri parcheggi, le informazioni e la segnaletica, il processo di pagamento e l’impressione generale della struttura. Ogni autosilo poteva ottenere un massimo di 100 punti, con l’assegnazione della qualifica di “eccellente” a partire da 80.

Zurigo davanti a Lucerna e Berna

Nella classifica delle città, Zurigo si piazza senza alcun dubbio al primo posto. Gli autosili testati hanno ottenuto una media di 73,32 punti. Non c’è quindi da stupirsi del podio tutto zurighese, composto dai parcheggi Hohe Promenade, Urania e Opéra, nella classifica generale. Le tre strutture offrono soluzioni di ricarica in numero sufficiente, indicate da una segnaletica chiara e accessibili. L’aspetto positivo è che le stazioni di ricarica sono dotate di un cavo integrato. In totale, 10 dei 40 parcheggi presi in esame offrono questo valore aggiunto. Anche a Lucerna l’infrastruttura di ricarica negli autosili convince. I sei autosili testati hanno ottenuto la media di quasi 70 punti e una valutazione “molto consigliato”.

Delude il  City West di Berna

Berna si posiziona al terzo posto con poco meno di 60 punti. L’infrastruttura di ricarica nella capitale federale è in realtà buona, ma il parcheggio City West riduce notevolmente la media. L’autosilo nei pressi della stazione si classifica all’ultimo posto. In Internet viene indicata la presenza di una sola stazione di ricarica, che però non è stato possibile individuare durante il test. Il giudizio è quindi “non consigliato”.

Margine di miglioramento per San Gallo

San Gallo è il fanalino di coda tra le otto città testate. Nella metropoli della Svizzera orientale solo il parcheggio Neumarkt raggiunge la sufficienza. Negli altri autosili testati sono disponibili al massimo due o quattro postazioni di ricarica, pressoché insufficienti a soddisfare la domanda. A ciò si aggiunge il fatto che diversi autosili di San Gallo non offrono affatto stazioni di ricarica.

Intervenire si rivela necessario

Il test del TCS mostra la presenza di opzioni di ricarica nella maggior parte degli autosili delle città svizzere. Tuttavia, considerando che il 4% (fonte Ufficio federale di statistica) del parco veicoli è costituito da auto elettriche, l’infrastruttura attuale non è ancora sufficiente. È necessario intervenire anche sulla procedura di pagamento. Per gli utenti occasionali o i turisti, il pagamento non dovrebbe trasformarsi in un’impresa impossibile. Metodi come Twint o carta di credito, senza obbligo di ricorrere a un’app o a un codice QR, dovrebbero essere disponibili ovunque. Inoltre, i gestori dei parcheggi dovrebbero segnalare già all’ingresso se le stazioni di ricarica sono libere. Sarebbe inoltre auspicabile che le città mettessero a disposizione su Internet una panoramica delle stazioni di ricarica nei rispettivi autosili.

 

Un sacchettino di carta contenente un astuccio con un paio di occhiali lasciati sul divanetto posteriore quando spengo il motore. Peso minimo, eppure sufficiente per lanciare l’allarme: “hai dimenticato qualcosa sul sedile posteriore”, mi avvisa un messaggio sul cruscotto accompagnato da un segnale acustico.

Anche questo fa parte della sicurezza garantita dalla nuova Subaru Forester, così come il continuo monitoraggio del conducente: basta lanciare un’occhiata fuori dal finestrino e si viene subito richiamati a tenere gli occhi sulla strada.

 

Auto noiosa? Può darsi; dipende dalla sensibilità di ognuno. Certo che poi, al di là di tutta questa smania di garantire la sicurezza, la nuova Forester è rimasta sé stessa nel DNA, assomigliando molto a quella di sempre – robusta, versatile, ideale per il fuoristrada – anche se parecchi ritocchi estetici e qualche novità a livello di propulsore sono riusciti a svecchiarla.

Siamo alla sesta generazione di un’auto che, sicurezza a parte, è anche da sempre un modello per chi esige la trazione integrale permanente. Da questo punto di vista, Subaru non tradisce.

La Forester edizione 2025 a livello meccanico non ha subito grossi cambiamenti, mentre le sue linee si sono modernizzate, cambiando parecchio ed allungando di 3 centimetri la carrozzeria, ciò che porta la sua lunghezza totale a 467 cm. Il design esterno è stato aggiornato con una griglia frontale più prominente, fari LED compatti e linee più moderne, conferendo al veicolo un aspetto più robusto e dinamico.

Dentro i cambiamenti sono importanti: la Forester offre un abitacolo molto confortevole, spazioso e ben rifinito, con materiali di qualità e un’ergonomia migliorata. Il sistema multimediale è stato rinnovato e si gestisce tramite un grande display verticale di 11,6 pollici, per la verità non proprio intuitivo. Molti i tasti fisici posizionati sul volante.

La motorizzazione si basa su un sistema mild hybrid e-Boxer, che combina un propulsore a benzina 2.0 litri boxer da 136 CV con un motore elettrico da 16,7 CV. Questa configurazione – afferma la casa – consente una guida in modalità elettrica a basse velocità, contribuendo a ridurre i consumi in ambito urbano. Tutto giusto, anche se la nostra esperienza di guida sotto questo aspetto è stata deludente: i tratti in cui l’auto viaggia nella modalità elettrica sono pochi e i consumi, decisamente sopra gli 8 litri per 100 km, il che per un’auto ibrida non è un bel biglietto da visita (infatti la classe di efficienza energetica dice categoria G, la peggiore).

Complessivamente, rispetto al passato sono stati persi alcuni cavalli (da 150 a 136) e ciò si ripercuote sulle prestazioni della vettura, come dimostra il tempo necessario per passare da 0 a 100 km/h (12,2 secondi: diciamo di non avere a che fare con una sportiva…). Da rilevare, ancora, il cambio CVT a variazione continua che quando si preme con decisione sull’acceleratore genera quell’effetto scooter tutt’altro che apprezzabile.

Ovviamente, come detto, uno dei punti di forza di quest’auto è la trazione integrale, che garantisce la distribuzione permanente della potenza su tutte e quattro le ruote, non solo quando c’è perdita di aderenza. Inoltre la Forester (proposta in quattro allestimenti) è dotata di serie di tanti accessori e aiuti alla guida che la maggior parte degli altri marchi offrono come opzione a pagamento, come per esempio la guida semiautonoma, il climatizzatore automatico bizona, i sedili riscaldabili e tanto altro ancora.

 

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Dopo la prima edizione nel 2024, Triumph Motorcycles e’ lieta di proporre ai suoi appassionati la nuova Trident Triple Tribute, ispirata al mondo racing, con tutte le prestazioni e la tecnologia evoluta già disponibili sull’ultimo modello di Trident 660.

La nuova e audace Trident 660 Triple Tribute Edition ha in dotazione tutti i contenuti aggiuntivi 2025, tra cui la modalità di guida Sport, che offre una risposta più immediata dell’acceleratore per una guida più esaltante, l’ABS e il Traction Control ottimizzati con funzione Cornering grazie all’adozione della piattaforma inerziale IMU, il Triumph Shift Assist di serie garantisce cambi di marcia fluidi e senza l’utilizzo della frizione, sia in salita che in discesa, e da ultimo il cruise control elettronico.

La nuova Special Edition mantiene il suo look ispirato alle competizioni e rende omaggio alla leggendaria Trident “Slippery Sam”, vincitrice di cinque edizioni del TT dell’Isola di Man, ma questa volta con una grafica ancora più esuberante. L’elegante livrea in Sapphire Black presenta una finitura nera lucida che costituisce la base di questa edizione speciale, conferendo un nuovo look alla Trident Triple Tribute.

Il tutto è contrastato da audaci riflessi in Cobalt Blue e Diablo Red, che attraversano il serbatoio, la coda e il frontale. La grafica con il numero di gara “67” sul serbatoio strizza l’occhio, ancora una volta, alla Trident più famosa della storia.

I cerchi in Diablo Red conferiscono alla Trident Triple Tribute una presenza inconfondibile, mentre il flyscreen compatto e aerodinamico in Sapphire Black, con grafica Triple Tribute in tinta, esalta la silhouette del frontale. A completare il nuovo look moderno, lo spoiler in alluminio posizionato sotto al motore è di serie per un profilo inferiore sportivo e aggressivo e una maggiore presenza su strada.

Questo schema di colori è ispirato all’eredità racing di Triumph e conferisce alla Trident Triple Tribute un carattere inconfondibile.

Paul Stroud, Chief Commercial Officer di Triumph Motorcycles, ha dichiarato: “Questa roadster continua a essere incredibilmente popolare in una categoria altamente competitiva, conquistando nuovi fan a ogni nuovo aggiornamento. Dopo il lancio dell’ultima generazione di Trident a settembre e il successo mondiale dell’edizione speciale Trident Triple Tribute nel 2024, eravamo ansiosi di soddisfare le richieste dei nostri clienti per una Trident Triple Tribute anche per quest’anno. Lo stile accattivante e le finiture eccezionali faranno sicuramente girare la testa agli appassionati di questo modello, mentre le prestazioni del motore a tre cilindri e la tecnologia incentrata sul pilota trasformeranno anche gli spostamenti quotidiani in un’avventura entusiasmante”.

Cambia la denominazione, ma il DNA della casa è sempre lo stesso, orientato al lusso e ispirato dalla qualità. Conoscevamo la Lexus UX 250h, siamo passati ora alla UX 300h, che abbiamo provato nella versione Sport Line, con la trazione integrale ed un cambio a variazione continua CVT che a volte “tira” un po’ troppo i rapporti, producendo un suono del quale si farebbe volentieri a meno.

Il passaggio da UX 250h a UX 300h vuol evidenziare un cambiamento di potenza: sul nuovo modello è installato infatti il sistema full hybrid di quinta generazione del gruppo (ricordiamo che Lexus è il marchio premium di Toyota). Significa che i cavalli erogati adesso sono 199 contro i 184 della versione precedente, mentre nuova è la batteria (agli ioni di litio) che supporta il lavoro dell’altrettanto nuovo motore elettrico posteriore che garantisce la trazione integrale.

Il modello che abbiamo provato assicura una buona accelerazione e una dinamica di guida molto precisa. Quasi assente il rollio, grazie alla messa a punto del controllo dinamico della distribuzione del peso sull’asse del sistema di trazione integrale e-Four, che controlla continuamente la guida per ottimizzare la distribuzione della coppia anteriore e posteriore.

Se fuori la UX non è praticamente cambiata e ripropone il suo classico design fatto di linee decise e forme scultoree, l’abitacolo per contro subisce lievi modifiche. A seconda della variante di equipaggiamento, i display e gli indicatori variano di dimensione fino a un massimo di 12,3 pollici. Processori più potenti garantiscono reazioni più rapide della grafica sugli schermi, ma abbiamo notato che con il sistema di navigazione ciò non sempre funziona: la freccia indicante la direzione da prendere a volte rimaneva indietro rispetto alla realtà nelle rotatorie e nelle svolte, costringendo il guidatore a concentrarsi molto.

Nonostante ciò, la sensazione di benessere che si prova quando si prende in mano il volante è molto buona. Lexus sa ancora come dare un tocco di lusso all’interno dell’abitacolo, anche nel segmento delle compatte. I materiali sono di alta qualità e la lavorazione è curata nei minimi dettagli.

L’UX 300h funziona a energia elettrica soprattutto nel traffico cittadino. Impegnandosi un po’ è possibile gestire quasi il 50% del tempo di guida senza chiamare in causa il motore a combustione. Il sistema ibrido può spegnere completamente il motore a benzina fino a una velocità di 115 km/h e una centralina è in grado di proporre sempre la miglior soluzione di guida a dipendenza del percorso.

Nonostante il lieve aumento di potenza, non bisogna aspettarsi dalla Lexus UX 300h una guida sportiva e risposte scattanti alla richiesta di accelerazione. Nemmeno quando si è la volante della versione top di gamma denominata Sport Line come quella che abbiamo avuto noi. La UX resta essenzialmente una vettura da crociera, da lunghi viaggi, e permette una guida rilassata e tranquilla.

Ultima annotazione per lo spazio a disposizione dei passeggeri, che non è enorme: la parte posteriore è un po’ angusta e anche il volume del bagagliaio non è soddisfacente, oltretutto con una soglia di carico piuttosto alta.

Al momento di riconsegnare la Jaguar F-Type R75 convertibile che ci è stata messa a disposizione per il nostro test, le sensazioni sono contrastanti: da un lato siamo ben consapevoli che circolare su un modello che monta un propulsore da 5 litri nel 2024 sfiora l’anacronismo, dall’altro non possiamo fare a meno di esprimere tutta l’ammirazione per un marchio che ha sfornato nella sua storia modelli iconici, e questa F-Type lo è, ma si appresta a voltare definitivamente pagina, perché dai prossimi anni produrrà solo vetture elettriche. C’è anche un senso di malinconia ad accompagnarci dunque: in occasione del suo 75° anniversario, Jaguar ha deciso di dare uno splendido addio alla F-Type sfornando due straordinarie edizioni speciali, la 75 e la R75, disponibili sia in versione coupé che convertibile.

Il modello 2024 non segna solo la fine della F-Type, ma anche la fine di un’era di auto sportive firmate Jaguar alimentate da motori a combustione. Il ringhio fragoroso del V-8 sovralimentato, l’adrenalinica spinta verso lo schienale del sedile, il legame autentico e quasi viscerale tra il conducente e la macchina: tutto ciò sta per diventare un ricordo, mentre Jaguar passa a un futuro elettrificato.

Il cuore della R75 è un motore a otto cilindri sovralimentato da 5,0 litri, che eroga una potenza superlativa di 575 cavalli che permette a questa F-Type di essere la degna erede dei suoi predecessori. Questo potente propulsore alimenta un sistema di trazione integrale di serie.

Le prestazioni sono assolutamente all’altezza della fama della supercar: la R75 scatta da 0 a 100 km/h in soli 3,5 secondi, mentre la sua velocità massima è limitata elettronicamente a 186 km/h. Il suono emesso dal motore è capace di mandare in estasi gli appassionati: già quando lo si accende, ti avvolge con un rombo fragoroso eppure armonioso, elegante. Il ringhio del V-8 sovralimentato è una festa ed entra a far parte dell’esperienza di guida di un veicolo che ad ogni accelerazione, ad ogni cambio di marcia, regala sensazioni uniche ed inebrianti.

Al primo sguardo, la F-Type R75 trasmette immediatamente un profondo senso di sportività. Il suo assetto largo e ribassato permette di immaginare già prima di prenderne la guida le sue capacità prestazionali. Il design è a dir poco stupendo: linee slanciate, superfici scolpite e proporzioni perfette incarnano un’eleganza senza tempo e conferiscono a questa vettura un senso di movimento anche quando è parcheggiata.

Questa Jaguar è caratterizzata da un frontale aggressivo, nel quale sono inseriti eleganti fari a LED; da una griglia allargata e da uno spoiler molto basso, che se da un lato è un aiuto all’aerodinamica, dall’altro rappresenta in qualche caso un problema quando si deve parcheggiare la vettura.

L’ingresso nell’abitacolo è uno spettacolo per gli occhi: il senso di esclusività e raffinatezza colpisce immediatamente, l’interno è progettato ergonomicamente per permettere la massima integrazione tra il conducente e il veicolo, estetica e funzionalità sono un mix perfetto, ogni comando è posizionato in modo intuitivo e la cura dei dettagli è spinta al massimo.

La F-Type R75 è in definitiva il simbolo intramontabile del passato di Jaguar, un inno alla bellezza del motore a combustione, alle emozioni che sa regalare, il canto del cigno di un’epoca che ha segnato profondamente la storia dell’automobile. Guidare un’auto così è semplicemente emozionante.

Il costo di questo gioiello? Senza optional si parte da 154’000.- franchi.

In occasione dei 50 anni del Tignanello, tra i vini rossi più influenti, capace di anticipare i suoi tempi, Maserati dedica una versione personalizzata Fuoriserie della sua ultima creazione, GranCabrio Folgore, l’espressione più futuristica della attuale produzione 100% elettrica del Brand modenese. Il modello unico, che è stato creato in esclusiva per Marchesi Antinori, è andato all’asta il 14 luglio in California al Festival Napa Valley: uno degli eventi di beneficenza per le arti e l’istruzione più importanti in America.

Nell’anniversario dei 110 anni del Tridente, Maserati affianca il proprio nome a quello di Marchesi Antinori, che vanta una storia vinicola familiare di oltre 600 anni, tramandata per 26 generazioni. Con la sua solida identità, le innovative intuizioni, e il forte valore della tradizione plurisecolare che ha portato la cantina italiana tra le migliori aziende del mondo, la produzione di Marchesi Antinori e del Tignanello rispecchiano il sentimento e la passione che da sempre caratterizzano anche l’anima di Maserati, vivace protagonista e pioniera della storia dei motori, da sempre spinta dal desiderio di precorrere e segnare i tempi.

Le ispirazioni di questa vettura provengono dalla vigna, metafora di radici e territorio, che in entrambe le case apportano un grande valore aggiunto al prodotto finale; dalla cantina, luogo magico in cui nasce il vino, e dalla particolare bottiglia del Tignanello, immutata da mezzo secolo e ancora così riconoscibile, proprio come le creazioni più iconiche del Tridente.
Per realizzare un’auto che esprimesse al meglio le caratteristiche e i valori di Marchesi Antinori e di Tignanello, Maserati ha seguito l’unicità che avvolge la storia di questo vino, rendendo omaggio alla famiglia di viticoltori fiorentini attraverso colori, sfumature, materiali innovativi e ricercati dettagli artigianali, che fanno di GranCabrio Folgore Tignanello un elogio marciante al prezioso vigneto di Tignanello e ai 50 anni di questo vino.

Gli esterni di GranCabrio Folgore Tignanello si traducono in una personalizzazione che interessa il colore della carrozzeria, creato ad hoc: la vernice Terra di Tignanello è un color castagno ispirato al terreno della vigna, riscaldato da un bordeaux ramato che ricorda le sfumature centrali rosse delle caratteristiche barrique di Tignanello. Cerchi e pinze sono rispettivamente in finishing nero opaco e nero lucido, mentre gli emblemi sono nella colorazione rame; il logo Maserati Fuoriserie è in copper glossy su tinta glossy. La capote in tessuto è nera.

Ma sono gli interni a regalare i particolari più romantici, “svelando” i tratti distintivi di Tignanello e celebrando la storia di entrambe le case, unendo tradizione, innovazione e artigianalità. I sedili sono caratterizzati in pelle cuoio impreziosito da cannelloni in multimateriale di colore argento e bordeaux, realizzati in Vegea, un tessuto tecnico spalmabile da derivazione delle vigne, ricordando le geometrie dei filari della collina di Tignanello, caratterizzata dalle rocce di alberese nel centro filare. Il tessuto ha un aspetto e una mano del tutto simile alla pelle ed è stato utilizzato per la prima volta su una vettura Maserati.

Tutto il resto è real material: la radica scura con laseratura – scelta per ricordare l’impressione a fuoco sulle botti di rovere – impreziosisce i pannelli, dove si può leggere alcuni dettagli sulla nascita di Tignanello. Sul poggiatesta, un elegante ricamo unisce il Tridente di Maserati con uno dei tratti distintivi di Tignanello, il sole, che da sempre spicca sull’etichetta della bottiglia. Lo stesso simbolo si ritrova laserato sul tunnel centrale, insieme alle date 1971-2021: queste fanno riferimento alla prima e all’annata attuale di Tignanello, a distanza di 50 anni della presentazione sul mercato di questo vino.

GranCabrio Folgore è l’ultima arrivata in casa Maserati, prima cabrio del segmento luxury 100% elettrica e la più veloce sul mercato. Performance, comfort, stile ed eleganza fanno di questa vettura dotata di un sistema a batteria basato su una tecnologia a 800V, e sviluppato con soluzioni tecniche all’avanguardia derivate dalla Formula E, un’auto capace di offrire prestazioni di assoluto rilievo coniugate con il comfort e l’eleganza tipica del Tridente.
Maserati GranCabrio garantisce quattro posti reali grazie al soft top e presenta una serie di sistemi e dettagli innovativi come il neck warmer, per viaggiare con la capote aperta anche quando la temperatura si abbassa, e il wind stopper, che diminuisce le turbolenze all’interno dell’abitacolo.

Tignanello nasce con la prima annata del 1971 da settantaseimilaseicentoottantadue viti di antica vigna chiantigiana, detta Tignanello, situata a 390 metri sul livello marino, su un terreno collinoso ricco di Alberese e Galestro. Un vino concepito come il primo Sangiovese a essere affinato in barrique, il primo vino rosso moderno assemblato con varietà non tradizionali (quali il Cabernet), e tra i primi vini rossi nel Chianti Classico a non usare uve bianche. Tignanello è una pietra miliare, un vino capace di rappresentare a pieno lo spirito del “Te Duce Proficio”, motto della famiglia Antinori che significa “Sotto la tua guida io procedo”. Il vino nasce da una selezione di Sangiovese e Cabernet proveniente dall’omonimo vigneto situato a Tenuta Tignanello, nel cuore del Chianti Classico, su un terreno di 57 ettari esposto a sud-ovest.