Tradizioni che rinascono: il matrimonio del vino con la botte di castagno
“Castégna” e “Scaviscià”: il già ricco patrimonio vinicolo ticinese si arricchisce di due nuove etichette, prodotte da una sinergia maturata tra l’azienda Mondò di Sementina e la Castagnostyle di Sigirino. La partnership tra le due aziende è stata favorita dall’amicizia profonda che lega i due titolari, Giorgio Rossi dell’azienda Mondò (nella foto) che produce da anni grandi vini, e Stefano Jorio, che essendo ingegnere forestale si occupa invece di legname e particolarmente dell’albero più rappresentativo della nostra civiltà, il castagno.
Dal loro sodalizio prima o poi non poteva che nascere un vino particolare, legato in tutto e per tutto al nostro territorio. È risaputo che il vino migliore viene affinato in botti di legno, ma generalmente si parla di botti di rovere anche quando ci si riferisce a contenitori di origine locale. Qui invece le botti utilizzate per la maturazione del vino sono state prodotte con un ticinesissimo castagno.
Ecco allora il rosso “Castégna”, un Merlot in purezza in stile classico, invecchiato per un anno in barrique da 225 litri, e il bianco “Scaviscià” – esemplare espressione dialettale che riassume il gesto di estrarre la castagna dal riccio con un attrezzo di legno – prodotto con due vitigni interspecifici a bacca bianca, il Sauvignac e il Cabernet Blanc, assemblati e lasciati maturare per sei mesi in una botte grande da 500 litri.
L’affinamento in botti di castagno ha dato nobiltà ad entrambi i vini, ha messo in risalto le peculiarità classiche dei vitigni, ne ha moltiplicato i profumi e ingentilito gli aromi.
“Tutto nasce dall’amicizia che mi lega a Stefano fin dai tempi della scuola reclute – racconta Giorgio Rossi. Su fronti differenti, entrambi ci siamo trovati ad operare sul territorio ticinese creando prodotti legati alla natura. Forse non riflettiamo mai abbastanza sulla ricchezza del nostro territorio e sulle opportunità che ci offre. L’idea di creare qualcosa in comune frullava da un po’ nelle nostre teste, ma è stato necessario un po’ di tempo per arrivare alla meta: il sodalizio tra vino locale e botti prodotte col nostro legno di castagno in fondo era lo sbocco naturale al quale approdare dopo le nostre riflessioni, un modo per unire due mondi apparentemente distanti, ma uniti da radici comuni”.
L’elegante imballaggio e le due etichette dei vini sono stati messi a punto dopo un concorso di idee promosso dalle aziende produttrici, le quali per la commercializzazione hanno scelto non la classica bottiglia da 75 cl, bensì un formato più grande, una magnum da 1,5 litri che consente di ulteriormente valorizzare un prodotto di assoluta qualità.
“Abbiamo scelto questo formato perché al momento abbiamo optato per una piccola produzione, qualcosa di un po’ esclusivo, insomma, e infatti ogni bottiglia è numerata” commenta Giorgio Rossi, che ci tiene anche a sottolineare come l’utilizzazione di botti in castagno sia una sorta di recupero della tradizione.
“In passato quasi tutti i vini prodotti in Ticino erano infatti conservati fino all’imbottigliamento in barili di castagno, perché era il legno più accessibile e più affidabile. Noi in fondo non abbiamo inventato nulla, abbiamo solo ridato vita ad una vecchia consuetudine della quale non rivendichiamo nemmeno l’esclusiva, dato che qualche anno fa anche il collega Gianfranco Chiesa della Vini Rovio aveva fatto degli esperimenti in questo senso”.
Il concorso di idee per la definizione dell’imballaggio e delle etichette, indetto dai promotori la scorsa primavera, ha visto la partecipazione di una decina di interessati. Tra i lavori presentati, la giuria ha deciso di premiare la proposta elaborata da Massimo Prandi, caratterizzata da una grafica essenziale e lineare, rappresentativa della complessità del prodotto, della convergenza tra i materiali utilizzati, delle persone che hanno immaginato questa proposta, del loro lavoro e della loro amicizia. Etichette e imballaggio sono caratterizzati da una forte riduzione degli elementi grafici, ciò che è stato apprezzato particolarmente dalla giuria.
Quello della cantina Mondò e di Castagnostyle rappresenta una sorta di esperimento, il cui esito è stato accolto positivamente sia dai promotori, sia dalla clientela.
“Pensando alla qualità dei vini, possiamo parlare di sorpresa: mi aspettavo un prodotto un po’ rustico; invece, sono usciti un rosso e un bianco eleganti, che portano in dote una bella finezza. Il castagno, coi suoi tannini importanti, è riuscito a conferire al vino una bella freschezza. Il bianco poi è davvero speciale: abbiamo scelto delle varietà interspecifiche per produrre un vino sostenibile, ma questo genere di vitigni a volte ha delle note vegetali pronunciate che necessitano di una buona ossigenazione per essere contenute. In questo senso, il legno di castagno ha svolto un ottimo lavoro e infatti dopo questo primo esperimento pensiamo di riproporre in futuro gli stessi vini, magari con quantità maggiori” conclude Rossi.